giovedì, dicembre 29, 2005

SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO

Convegno 19 dicembre 2005
“DISEGNO DI LEGGE SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO”
COMMENTI E PROPOSTE
Risvolti sociologici di questa riforma

Elvia FicarraResponsabile Osservatorio Famiglie Separate - GESEF

Il varo di una nuova normativa, che tenesse conto delle istanze dei genitori avanzate attraverso le associazioni, è attesa da anni. Ed ha ingenerato importanti aspettative.
Il clamore suscitato dai media intorno al testo licenziato dalla Camera in luglio ha determinato la convinzione che, finalmente, il diritto del bambino alla bigenitorialità sia culturalmente acquisito. E che la parità di doveri genitoriali, sia sul piano economico che educativo, sia finalmente riconosciuta.
Riceviamo quotidianamente decine di telefonate ed e-mail da parte di genitori – perlopiù padri – che si informano ansiosamente circa la data per l’approvazione definitiva.
La delusione per le nostre risposte, non in merito alla data, ma al contenuto della legge, è cocente. Soprattutto quando spieghiamo che il testo non sancisce l’affido condiviso in primis, che resta a discrezione del magistrato, ma traduce in normativa quanto di peggio l’attuale prassi giudiziaria ha .prodotto; che le sanzioni previste per il genitore ostacolante non hanno alcun effetto deterrente; che la conflittualità permarrà inalterata;
Se la riforma fosse stata bocciata, o rinviata, potrebbe ancora sussistere una speranza.
L’indignazione per il clamoroso raggiro, suscita commenti dai quali comincia a delinearsi lo scenario futuro.
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Lo Scenario Attuale
Non possiamo parlare del fenomeno separazione senza contestualizzarlo in un quadro sociale più vasto.
La nostra è “una società senza padri”.
Da Claudio Risé (Il padre:l’assente inaccettabile), a Rino Della Vecchia (Questa Metà della Terra), da Robert Bly (La società degli eterni adolescenti) a Gary Becker (premio Nobel per l’economia 1992) è un fiorire di analisi.
L’eliminazione del padre, quale canale di trasmissione di regole e valori che aiutano il figlio a maturare e responsabilizzarsi, è frutto di una necessità funzionale alle società avanzate. Dove la famiglia è ridotta a pura cellula economica.
Persino la riproduzione umana (bonus per i neonati) e la cura della prole viene monetizzata: infatti il testo di legge in esame prevede che, nel determinare l’entità dell’eventuale assegno a favore del genitore collocatario deve essere considerata la valutazione economica dei compiti di cura della prole. In pratica un genitore, per legge, deve essere remunerato dall’altro – non più convivente – per occuparsi del proprio figlio.
L’educazione, assistenza ed accudimento dei figli è demandata perlopiù ad agenzie esterne mentre le problematiche relazionali e di adattamento sono gestite dall’apparato medico/psicologico e socio/giudiziario.
Alle tradizionali funzioni della famiglia – tramandate attraverso le generazioni – si è così sostituito in maniera coercitiva lo Stato Sociale. Da cui gli individui, privati di forti legami affettivi e di una identità certa, isolati deresponsabilizzati e disadattati, si vogliono far dipendere.
Al punto che si è avvertita la necessità di istituire corsi che insegnano ai genitori come essere tali.
Il femminismo – parimenti funzionale al circuito produzione/consumo – ha strumentalizzato le donne con l’inganno di un potere che il nuovo modello familiare poteva loro conferire.
Mentre si celebra l’emancipazione da un ineluttabile destino biologico, la dottrina neo femminista della differenza predica una nuova mistica della maternità quale status sociale primario, perfettamente rispondente al principio economico di riproduzione.
L’identità femminile ne esce distrutta.
Scrive l’antropologa Ida Magli (Sesso e Potere, 1998): “Le donne….sono cadute nel facile, tragico inganno che il nuovo modello fosse di per sé la distruzione del vecchio…. la società puntella di volta in volta, con provvedimenti contingenti, contraddittori, perfino balzani, della magistratura o dei politici, i ruderi del vecchio assetto sessuale, matrimoniale, parentale, sociale. Ma al centro di questi ruderi ci sono le donne. Erano loro il mattone che era stato messo dai maschi a fondamento del palazzo. Tolto il mattone il palazzo è crollato. Prive di un qualsiasi progetto, di una qualsiasi immagine di sé, le donne vivono alla giornata, come se la libertà e il potere consistessero appunto nel non avere né progetti né mete”,
In tale scenario il fenomeno separazione/divorzio non poteva avere evoluzione diversa ed essere gestito altrimenti.
La conflittualità abilmente alimentata dall’esterno è funzionale all’ulteriore lacerazione delle relazioni familiari ed alla fissazione dei ruoli. Il padre reperisce le risorse. La madre le rivendica e gestisce i consumi. I figli crescono privi di validi modelli di riferimento con i quali misurarsi ed attingere forza, prestigio, sicurezza in se stessi e del proprio posto nella società; incapaci di scelte autonome assumono supinamente gli schemi consumistici loro imposti.
Si moltiplicano problematiche e devianze, ed il controllo dello Stato Sociale – attraverso i suoi apparati perlopiù al femminile- si rafforza.
Risvolti sociologici
Statistiche recenti indicano che i neo-papà italiani sono tra i più vecchi in Europa: l’età media alla nascita del primo figlio è 33 anni.
La popolazione giovanile per il 65% permane nella famiglia d’origine mediamente fino a 30 anni di età. Di questa fascia circa il 15% è già costituita da figli di genitori separati/divorziati.
Riteniamo che altrettanti abbiano fratelli o parenti più anziani già reduci da tale esperienza.
I giovani potenziali padri quindi – ironicamente definiti Peter Pan o eterni adolescenti - sono perlopiù a conoscenza di quale sia la condizione di genitori separati non affidatari, e delle conseguenze relazionali con i figli.
Inoltre, il dibattito cui la riforma dell’attuale normativa ha dato avvio fin dall’inizio della legislatura, ha ulteriormente messo in luce tale realtà, evidenziando come proprio la paternità responsabile venga ad essere emarginata e punita.
La Gesef opera con uno sportello di ascolto dal 1994: ha quindi una conoscenza approfondita della situazione, che contrasta spesso con le versioni ufficiali diffuse da altri enti.
I soggetti che si rivolgono alla nostra struttura sono per l’83% padri separati, di un’età compresa tra i 37 e 50 anni.
Tutti lamentano sofferenza per la frattura del rapporto quotidiano con i figli, nonostante le cure loro prodigate fin dalla nascita ed il profondo legame affettivo. Di questi oltre il 70% dichiara che, anche stabilita una nuova unione, non intende generare altri figli.
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Il dibattito intorno al fenomeno della denatalità verte – oltre che sulle problematiche della madre lavoratrice – anche sull’età tarda dei neo-genitori. Si omette però di considerare le conseguenze derivanti dalla separazione/divorzio, così come oggi vissute dall’elemento più debole della coppia: il genitore non affidatario
Considerato l’aumento esponenziale delle separazioni (richiesta dalle donne nell’70% dei casi) da una parte e la consapevolezza di una paternità responsabile dall’altra, sarebbe opportuno valutare quanto la denatalità sia riconducibile ad una volontà maschile, conseguente la combinazione dei due fattori.
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Il risvolto economico
Le conseguenze anche economiche della separazione/divorzio stanno determinando una fascia di nuovi poveri: sono i padri separati non affidatari con lo “stipendio fisso” dimezzato, gravati dal mutuo per una casa in cui non abiteranno mai più, oltre alle spese per una nuova sistemazione.
Se sono fortunati hanno almeno un genitore disponibile a riaccoglierli: taluni trovano ospitalità presso la Caritas. Altri dormono in macchina, quando ancora se la possono permettere.
Il 70% di coloro che si rivolgano a noi rientra in questa casistica.
Quasi tutti gli Enti locali, sull’intero territorio nazionale, finanziano - da decenni e con soldi dei cittadini - la Casa delle Donne o centro similare che presta aiuto a donne/madri in difficoltà. Il primo ed unico Centro di Accoglienza, dove i padri non affidatari possono incontrare e pernottare con i loro figli è sorto nei pressi di Bolzano due anni fa, per iniziativa privata, solo successivamente sovvenzionato dalla Provincia.
Questi nuovi poveri, comprensibilmente impossibilitati a metter su un’altra famiglia, vengono ignorati dalle statistiche ufficiali.
Le stesse che puntualmente registrano i casi di inottemperanza al pagamento dell’assegno di mantenimento per ex moglie e figli decretato dal Tribunale.
Casi che si moltiplicano di anno in anno. Parallelamente al moltiplicarsi delle denunce strumentali da parte del genitore affidatario contro l’altro.
Nell’80% delle situazioni di omissione infatti, l’inadempiente lamenta – oltre al depauperamento legale – il ricatto illegale da cui non esiste difesa: ovvero la “concessione” del figlio solo in cambio di laute mance extra sentenza.
E quando al posto della mancia arrivavano i carabinieri, scatta immediata la ritorsione: denuncia strumentale di maltrattamenti o abuso sotto l’insegna “il bambino ha raccontato che………”. Che la macchina giudiziaria anziché sanzionare utilizza per stritolare ulteriormente la relazione figlio/genitore bersaglio, a tutto vantaggio dei professionisti del circuito integrato.
C’è innegabilmente chi, previdente e ben informato, provvede per tempo a mettere al sicuro beni e risorse.
Indignarsi è superfluo: sarebbe più utile domandarsi perché padri disponibili in qualunque momento a spendere fortune per i propri figli, arrivano in tribunale improvvisamente spilorci e nullatenenti. E prendere atto che la frattura di coppia non può continuare a tradursi in una “punizione” che condanna un genitore idoneo e responsabile alla povertà, come l’attuale prassi comporta.
E di cui, ormai, c’è cognizione diffusa.
Si sta infatti profilando un fenomeno nuovo: i giovani maschi in procinto di sposarsi o diventare padri difficilmente risultano intestatari di un bene immobiliare/patrimoniale, anche quando la condizione della famiglia di origine lo consentirebbe.
Le risorse accumulate dalla generazione del boom economico si stanno esaurendo.
La flessibilità lavorativa degli ultimi anni ha azzerato la certezza dello “stipendio fisso”, mentre i costi abitativi sono quadruplicati: nessuna famiglia di nuova costituzione, appartenente alle classe media e medio/bassa, può farvi fronte senza un pregresso risparmio.
Anche la mistica del lavoro e del guadagno si è culturalmente dissolta: il tempo libero ha ormai una valenza esistenziale.
Scenari futuri
Quale impatto può avere su questa situazione il testo in esame se diventerà legge dello Stato?
Per i genitori separati non affidatari equivale ad un tradimento, che aumenterà ulteriormente lo scollamento tra cittadini ed istituzioni politiche e giudiziarie.
Per i separandi equivale ad affilare le armi, facendo proprie quelle fin qui utilizzate da una sola parte.
Le accuse diventeranno reciproche: la cronaca offre purtroppo argomenti convincenti per colpire quel fronte che finora sembrava essere immune da qualunque attacco.
I figli continueranno ad essere le vittime sacrificali, oltreché strumenti di guerra.
I giovani, cresciuti in ambienti gestiti perlopiù al femminile (la baby-sitter, l’educatrice, la maestra, l’insegnante, la pediatra ecc.), sono alieni dal senso di colpa che ha marchiato la vita dei loro padri e dei loro nonni: non si sentono affatto in debito ne confronti delle coetanee, anzi.
La ribellione no-global si sta estendendo a qualunque tipo di autorità: gli adulti di domani, depositari di diritti indiscussi e paritetici, molto meno dei doveri, difficilmente saranno disposti ad accettare una discriminazione di genere perpetuata da una legge beffa. Una legge che anziché premiare le responsabilità genitoriali, a tutto vantaggio dei figli, avrà l’effetto di disincentivarne l’assunzione.
Le famiglie separate del futuro imminente saranno ancora più sole e sicuramente più povere.
L’assegno di mantenimento, oggi principale bandiera rivendicativa, sparirà dal vocabolario forense.
I padri, senza stipendio fisso, con occupazioni flessibili, sforniti di proprietà, non solo non saranno più ricattabili, ma certo non si affanneranno ad elemosinare la salvaguardia del ruolo genitoriale. Orfani di un modello cui riferirsi poiché cresciuti in una società senza padri, probabilmente saranno i primi a scappare di fronte alle più banali difficoltà.
Le madri dovranno contare solo su se stesse, al massimo sulle nonne: lo Stato Sociale sta già esaurendo le risorse destinate ad elargire benefits di varia natura.
Saranno le donne, questa volta, a manifestare in massa davanti al Parlamento per chiedere una legge che garantisca finalmente parità di ruoli e responsabilità genitoriali.
I bambini continueranno a pagare per tutti. Grazie anche ad una legge che qualcuno ha definito bambinocentrica.
Questa era forse l’ultima occasione per restituire pienezza alla bigenitorialità.
L’abbiamo persa: il DDL 3537 è la quintessenza del conservatorismo e della stoltezza di una classe politica pronta a qualunque compromesso, ma incapace di interpretare il futuro.
Non è emendabile. Occorre ricominciare da capo: che i legislatori si siedano intorno ad un tavolo ed ascoltino demografi, psicologi e sociologi indipendenti, ovvero non legati a scuderie di partito o interessi di bottega.
Ma soprattutto che ascoltino umilmente i cittadini, i genitori: a beneficio dell’infanzia e della famiglia, in primis, ma anche della società e della politica che pretende di rappresentarla.