martedì, luglio 10, 2007

Conferenza Nazionale sulla Famiglia

Resoconto GESEF
Conferenza Nazionale sulla Famiglia
Firenze 24-25-26 maggio 2007


Il padre: l’assente inaccettabile

Prendo a prestito il titolo di un libro - famoso quanto apprezzato - dello psicoanalista Claudio Risè, per riepilogare lo spazio vuoto che la Conferenza ha volutamente lasciato tale, per l’intero percorso dei suoi lavori.
Andiamo per ordine. Le sessioni in cui si è articolata la Conferenza erano 10, ciascuna suddivisa in due o più sottotematiche. Ogni sessione è stata aperta da un relatore con una propria introduzione scritta.
I lavori, che si sono svolti nella giornata di venerdì, sono consistiti nell’intervento da parte di ogni partecipante – con un tempo a disposizione di 5/7 minuti e la possibilità di una successiva replica – per esporre i risultati della propria attività e le proposte (anche in forma documentale scritta) da fornire al Ministro. Al termine della sessione il coordinatore ha effettuato una sintesi immediata delle argomentazioni trattate, mentre il rapporteur - presente senza mai intervenire - aveva il compito di elaborare quanto emerso nel corso dei lavori in una relazione di indirizzo, da esporre pubblicamente al Governo la mattina successiva.
Occorre rilevare che, in generale, le relazioni introduttive alle sessioni riguardanti le tematiche di nostro interesse (diritto di famiglia, tribunali, servizi sociali, relazioni familiari e generazionali, violenza intra ed extra familiare, contesto socio/educativo, condizionamenti culturali ecc.) proiettano una visione molto aderente alla realtà che conosciamo.
Forti le critiche per l’inadeguatezza operativa e professionale dei Servizi, per l’incapacità del sistema sociale a fronteggiare la fragilità delle famiglie da cui discende il disagio e la devianza giovanile, per la violenza insita nel meccanismo di “tutela del minore”, per il contesto mediatico/culturale da cui “cattivi maestri” attentano all’unitarietà solidale della famiglia predicando l’individualismo narcisistico. Anche se gli accenti non affondano mai sulle responsabilità di chi a monte ha tollerato ed incentivato tale deterioramento, è innegabile una autocritica da parte degli stessi relatori, in quanto operatori istituzionali .
La delegazione Gesef era iscritta a partecipare alla Sessione Famiglia, Violenza e Riparazione.
La relazione di apertura della psicoanalista Simona Argentieri ha evidenziato i molteplici aspetti, più o meno evidenti, della violenza intrafamiliare, ivi compresa quella agita dalla donna sui figli e en passant sull’uomo. Insomma un colpo al cerchio ed uno alla botte. Censurando comunque l’ossessivo ricorso unidirezionale alla psicologia per le vittime, ed al sistema giudiziario per i carnefici. Ed invocando la sensibilità degli operatori di far emergere ed allearsi con la parte sana degli individui, onde aiutarli in tempo utile a superare il negativo che li spinge a reazioni violente.
Splendido l’intervento dell’ospite Germano Bellussi, 77enne avvocato e psicologo. Ha esordito stigmatizzando la figura materna portatrice inadeguata anche del ruolo paterno, e l’assenza culturale del padre: “…il problema non è l’assenza fisica, si pensi agli emigranti la cui fotografia appesa in cucina era un simbolo per i figli…..” Ostile alla patologizzazione ossessiva di qualunque comportamento senza appropriata contestualizzazione, all’incerto confine tra pedofilia e naturale contatto fisico e la conseguente paura che frena gli atteggiamenti maschili. Duro sul fronte giudiziario: “…disastro laddove psicologia e diritto si incontrano, entrambi incapaci di dare risposte……..Realmente abusato o meno, la violenza più grave nei confronti del bambino è quella compiuta da parte degli operatori nel corso del processo….”
Un altro coordinatore, l’Avv. Marco Scarpati responsabile della associazione Ecpat, nel corso del proprio intervento gli ha fatto eco: “…..magistrati ed avvocati come elefanti in una cristalleria: anche quando l’abuso sul bambino non c’è stato, una volta usciti la cristalleria è in frantumi. Chi rompe, però, i danni non li paga mai.”
Dopodichè tra i partecipanti ai lavori - un centinaio circa in maggioranza donne - solo una trentina si sono iscritti a parlare.
E’ così cominciata la processione delle operatrici anti-violenza, che si alternavano al microfono snocciolando il repertorio completo del piagnisteo femminista: i maschi tutti assassini, stupratori, pedofili, ricattatori, sfruttatori, massacratori dovunque nel mondo e anche sfregiatori di volti in India e Pakistan. E giù statistiche e dati a conferma dell’ecatombe femminile in atto, che mostrano solo la punta dell’iceberg; ancor più spaventose le cifre del sommerso.
E poi: fanatiche invocazioni per la rapida approvazione del DdL Pollastrini contro la violenza di genere, per l’inasprimento delle sanzioni già esistenti senza sconti di pena indulti e patteggiamenti, per la carcerazione preventiva, per trattamenti sanitari obbligatori a picchiatori violentatori e pedofili, per l’estensione a tappeto di politiche di rieducazione maschile a cominciare dalle elementari.
Ed ancora: rappresentazione del proprio operato come missione salvifica universale finalizzata a far emergere il sommerso, a scovare la violenza dovunque si annidi, ad abbattere il muro di silenzio, a supportare le donne affinché tutte acquisiscano consapevolezza e si riconoscano come vittime liberandosi dai sensi di colpa. Una missione che necessita pertanto di maggiori finanziamenti oltre che di più concreto riconoscimento istituzionale che consenta a tutti i centri di costituirsi parte civile nei processi. In pratica per spillare soldi ai poveracci trascinati in tribunale con procedura d’ufficio anziché a querela di parte.
Superfluo aggiungere il coro unanime in favore dell’approvazione del DdL sui DICO.
Le signore si susseguivano con padronanza, convinte della condivisione della platea alla loro verità e conseguenti istanze. Sennonché la platea ha cominciato a rumoreggiare.
Un paio di avvocati hanno guadagnato il microfono obiettando che, soprattutto in fase separativa, la violenza unilaterale guardacaso si registra sul versante opposto.
Arrivato il mio turno ho sfruttato al massimo i pochi minuti a disposizione. Dopo una sintetica panoramica delle ricerche internazionali, da cui risulta che le violenze intra coppia sono appannaggio di entrambi i sessi a pari merito, mentre gli abusi sui bambini e gli infanticidi sono un primato femminile, ho smantellato la valenza scientifica della ricerca Istat, illustrando come contraltare quella della Gesef concernente l’uomo-padre vittima. Ho concluso - utilizzando anche un secondo intervento - con la necessità di un cambiamento socio-culturale che riconosca valore e dignità alla figura paterna e ponga fine alla conflittualità tra i sessi, allo sbilanciamento di potere ed alla violenza che ne deriva; per arginare altresì il disagio giovanile, l’ infelicità delle donne, lo sfacelo delle responsabilità familiari. Proponendo al governo soluzioni operative adeguate.
Lo stupore ha gelato la sala. Evidentemente le interlocutrici non sono abituate al contraddittorio, tantomeno ad essere smascherate da dati inoppugnabili presentati da un’altra donna. E nessuna ha osato contestarli. Cosicché gli interventi successivi si sono articolati su due versanti: chi ha tentato di fare marcia indietro, affermando che ovviamente non tutti gli uomini sono violenti, anzi sono già in azione gruppi maschili internazionali che riconoscono pubblicamente la violenza degli altri e la combattono per non rendersi complici (Campagna del Fiocco Bianco).
La responsabile della ricerca Istat sui maltrattamenti alle donne si è sentita in dovere di precisarne e suffragarne la metodologia.
Altre hanno invece sputato veleno.
Una sedicente regista, che da un laboratorio teatrale ha distillato un centro anti-violenza (Le Nereidi - Siracusa) , ha ringhiato che se anche qualche uomo-padre viene ricattato economicamente o accusato strumentalmente, compensa quelli molto più numerosi che non pagano gli alimenti o sono abusanti impuniti.
Un’altra, missionaria in un Centro anti-maltrattamenti friulano, l’ha sparata grossa: a lei si rivolgono anche uomini in cerca di aiuto, proprio quelli già transitati nelle Associazioni di padri che ne raccontano cose indicibili. Una terza ha proclamato deleteria la legge sull’Affido Condiviso, che pone ulteriormente la donna sotto ricatto, già soggetto debole per antonomasia.
Nel frattempo il borbottio è diventato un boato: coadiuvata dagli avvocati ho interrotto ogni intervento, ho rumorosamente rintuzzato ogni parola, senza remore ed al limite della maleducazione, quasi stupita che nessuno mi invitasse a lasciare la sala.
L’ultimo attacco è partito contro la coordinatrice. Al termine della giornata la prof.ssa Isabella Merzagora Batsos ha riassunto così il risultato dei lavori: occorrono nuove leggi sanzionatorie e l’approntamento capillare di servizi per arginare la violenza maschile contro donne e bambini; la donna resta soggetto debole sul piano economico, quindi in assenza di pari opportunità l’affido condiviso non è applicabile (sic); gli uomini, a cominciare da quei pochi presenti in sala, devono attivarsi per sciogliere il nodo della complicità e in sinergia con le donne combattere la violenza agita da altri uomini, rieducandoli attraverso la costituzione di gruppi di mutuo-aiuto.
Punto
Mentre si disegnava sui volti delle femministe una evidente soddisfazione, è piombata sulla prof.ssa l’esplicita accusa di parzialità, per aver ignorato tutte le istanze emerse nel corso dei lavori difformi dalla sua personale ideologia, già in precedenza delineata, la cui affermazione in quel contesto appariva criminale. E in ogni caso, attraverso il rapporteur che aveva l’obbligo di inoltrarli, sarebbero pervenuti alla Ministra Bindi documenti scritti relativi all’intervento della Gesef, oltreché una denuncia circa la malafede con cui la coordinatrice aveva riassunto la sessione tematica, peraltro interamente registrata.
Arriviamo così a sabato mattina
Di fronte ad una platea di circa tre mila persona, dove in prima fila sedeva il gotha governativo (è arrivato anche il Presidente del Consiglio) e partitico, i rapporteur hanno iniziato a leggere le relazioni riassuntive.
In sintesi:
Ripetuta infinite volte la parola famiglia, il concetto era però riferito non ad un soggetto unitario ma esclusivamente alle donne che, solo loro, si prendono cura di bambini, adolescenti, anziani, handicappati, giovani in cerca di lavoro e casa. Soluzioni quindi prospettate per categorie: handicap, anziani, asili, accesso al lavoro per le donne, accesso a lavoro ed alla casa per i giovani onde facilitare la costruzione di nuove famiglie. Tese ad alleggerire le donne da così schiaccianti pesi, o quantomeno a monetarizzarn le funzioni.
Nessun accenno al fatto che denatalità e scarsa attitudine a riprodursi dei giovani maschi possa imputarsi anche alle conseguenze della separazione. E che magari questi preferiscano subire il ricatto morale – comunque controllabile - delle loro madri, piuttosto che rischiare di subire – vita natural durante e senza difesa - quello economico e giudiziario del sistema che regola separazione ed affido dei figli che verranno.
Senza considerare la tendenza peggiorativa insita nei Dico, peraltro acclamatissimi.
Politiche per la famiglia colorate di rosa. La donna al centro di ogni discorso apologetico circa le sue funzioni di accudimento. Pertanto risorse convogliate per servizi di supporto esclusivamente in suo favore, con operatori affidabili (anche questi perlopiù in rosa) necessariamente emancipati dalla condizione di precariato. Oppure tassazione agevolata alle aziende purché facilitino orario flessibile e assolutamente rispettose dei congedi parentali (con retribuzione al 70% anziché al 30%) e di maternità.
Ebbene sono le donne che reggono il mondo.
Sorge spontanea una domanda: ma come hanno fatto le nostre nonne, e tutte le generazioni precedenti, a reggere il mondo con una caterva di bambini attaccati alle gonne, la fatica non flessibile nei campi e nelle filande, quando i servizi non esistevano, gli elettrodomestici erano fantascienza, gli emolumenti statali neppure una aspirazione e la depressione post-partum un lusso per rarissime privilegiate? E i loro figli sono cresciuti perlopiù galantuomini. Se paragonate all’attuale generazione femminile - così travagliata da infiniti disagi e bisogni - quelle passate avrebbero dovuto estinguersi da tempo. Eppure, dacché si hanno statistiche anche rudimentali, il numero di vedove surclassa di gran lunga quello dei vedovi. Misteri di genere!
Le donne, grazie alle quali il mondo tira avanti, aspirano ad impegnarsi anche nel lavoro esterno alla famiglia: purché quel mondo si adeguai alle loro esigenze. Solo così – si è detto – potranno realizzarsi pienamente senza penalizzare il tasso di natalità.
Nessuno ha osato affermare che - preclusa la possibilità di occupare posizioni di potere - gran parte delle donne-madri è ben felice di starsene a casa quando qualcun altro è in grado di mantenerla adeguatamente. Difatti non si ha notizia di casalinghe contrapposte a mariti operai in miniera o negli altiforni, in nome di un paritetico diritto al lavoro.
Si utilizzano esclusivamente maternità o genitorialità. Padre e paternità aleggiano, ma restano innominati.
Solo il reddito è degno di considerazione: si ipotizzano detrazioni fiscali da convogliare obbligatoriamente alla partner sotto forma di monetizzazione dei compiti di cura. Facendo finta di ignorare che qualunque padre di famiglia monoreddito già mette nelle mani della partner (onére od onore?) l’intero stipendio per la gestione del ménage. Per contro, il fatto che un quarantacinquenne possa perdere il lavoro è problema neppure sfiorato: donne con figli senza reddito sono già tutelate.

Separazione e divorzio: anch’esse parole innominate. Si parla di fragilità della famiglia, la cui soluzione viene prospettata con il rafforzamento della mediazione familiare. Il rapporteur ha ammesso che da una famiglia che si sfascia, ne escono due inevitabilmente impoverite: sembrava un saggio e promettente esordio. Sennonché due frasi avanti ha concluso che, come avvenuto nella sua Regione, occorre istituire un fondo statale che versi alla madre separata il dovuto quando l’ex marito è inottemperante. Lo Stato si rifarà poi sul medesimo, intimorito, giacché avere a che fare con lo Stato esattore non è la stessa cosa che avere a che fare con una povera madre indifesa.
Arriva per ultimo il rapporto sulla violenza domestica. Eravamo preparati ad ascoltare la catastrofe come sintetizzata dalla coordinatrice di sessione Isabella Merzagora Batsos, ed invece…..Nulla di tutto ciò è stato ufficializzato. Silenzio sul piagnisteo cui siamo abituati. Tutto è stato ridotto alla solitudine cui è lasciata la neo mamma, ed alla conseguente angoscia matrice di tutte le violenze. Tra le righe: la violenza domestica più eclatante ed allarmante è quella perpetrata dalle madri depresse che sterminano i figli. Soluzione: deprecarizzare l’intervento delle strutture….. promuovere una evoluzione dei consultori….. (con) figure professionali chiare, volti concreti che ristabiliscano il dialogo, tengano aperta la relazione della famiglia con l’esterno e facciano maturare relazioni di fiducia. Non poteva mancare, comunque il rapido accenno al potenziamento dell’Osservatorio sulla Pedofilia.
L’onda ideologica del femminismo radicale e guerrafondaio non è passata. Almeno ufficialmente. Ne auspichiamo la definitiva deriva.
La chicca finale: dove reperire i fondi per interventi così capillari alla famiglia, visto che sembra non essere più in grado di far fronte a nessuna delle sue funzioni? Semplice: inasprimento fiscale per i single.
Sposati, divorziati, che siano padri o meno, anche da defunti (si pensi alle pensioni di reversibilità) gli uomini continueranno a pagare per tutti, senza ottenere nulla in cambio. Quando va bene
Una domanda inespressa affiora continuamente.
Ci dica Ministro Bindi, un padre separato/divorziato che ha con se i figli secondo tabelle prestampate in vigore presso tutti i tribunali italiani: due weekend al mese, due pomeriggi a settimana, venti giorni d’estate, una settimana durante le vacanze natalizie, pasqua e compleanni ad anni alterni, è un single o una famiglia?
Potrà usufruire del quoziente familiare riguardo ad utenze e tassazioni, oppure, oltre a mantenere due case i figli per intero e spesso anche la ex moglie, verrà ulteriormente tartassato in quanto single?

Vincenzo Spavone - GESEF