giovedì, dicembre 29, 2005

SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO

Convegno 19 dicembre 2005
“DISEGNO DI LEGGE SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO”
COMMENTI E PROPOSTE
Risvolti sociologici di questa riforma

Elvia FicarraResponsabile Osservatorio Famiglie Separate - GESEF

Il varo di una nuova normativa, che tenesse conto delle istanze dei genitori avanzate attraverso le associazioni, è attesa da anni. Ed ha ingenerato importanti aspettative.
Il clamore suscitato dai media intorno al testo licenziato dalla Camera in luglio ha determinato la convinzione che, finalmente, il diritto del bambino alla bigenitorialità sia culturalmente acquisito. E che la parità di doveri genitoriali, sia sul piano economico che educativo, sia finalmente riconosciuta.
Riceviamo quotidianamente decine di telefonate ed e-mail da parte di genitori – perlopiù padri – che si informano ansiosamente circa la data per l’approvazione definitiva.
La delusione per le nostre risposte, non in merito alla data, ma al contenuto della legge, è cocente. Soprattutto quando spieghiamo che il testo non sancisce l’affido condiviso in primis, che resta a discrezione del magistrato, ma traduce in normativa quanto di peggio l’attuale prassi giudiziaria ha .prodotto; che le sanzioni previste per il genitore ostacolante non hanno alcun effetto deterrente; che la conflittualità permarrà inalterata;
Se la riforma fosse stata bocciata, o rinviata, potrebbe ancora sussistere una speranza.
L’indignazione per il clamoroso raggiro, suscita commenti dai quali comincia a delinearsi lo scenario futuro.
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Lo Scenario Attuale
Non possiamo parlare del fenomeno separazione senza contestualizzarlo in un quadro sociale più vasto.
La nostra è “una società senza padri”.
Da Claudio Risé (Il padre:l’assente inaccettabile), a Rino Della Vecchia (Questa Metà della Terra), da Robert Bly (La società degli eterni adolescenti) a Gary Becker (premio Nobel per l’economia 1992) è un fiorire di analisi.
L’eliminazione del padre, quale canale di trasmissione di regole e valori che aiutano il figlio a maturare e responsabilizzarsi, è frutto di una necessità funzionale alle società avanzate. Dove la famiglia è ridotta a pura cellula economica.
Persino la riproduzione umana (bonus per i neonati) e la cura della prole viene monetizzata: infatti il testo di legge in esame prevede che, nel determinare l’entità dell’eventuale assegno a favore del genitore collocatario deve essere considerata la valutazione economica dei compiti di cura della prole. In pratica un genitore, per legge, deve essere remunerato dall’altro – non più convivente – per occuparsi del proprio figlio.
L’educazione, assistenza ed accudimento dei figli è demandata perlopiù ad agenzie esterne mentre le problematiche relazionali e di adattamento sono gestite dall’apparato medico/psicologico e socio/giudiziario.
Alle tradizionali funzioni della famiglia – tramandate attraverso le generazioni – si è così sostituito in maniera coercitiva lo Stato Sociale. Da cui gli individui, privati di forti legami affettivi e di una identità certa, isolati deresponsabilizzati e disadattati, si vogliono far dipendere.
Al punto che si è avvertita la necessità di istituire corsi che insegnano ai genitori come essere tali.
Il femminismo – parimenti funzionale al circuito produzione/consumo – ha strumentalizzato le donne con l’inganno di un potere che il nuovo modello familiare poteva loro conferire.
Mentre si celebra l’emancipazione da un ineluttabile destino biologico, la dottrina neo femminista della differenza predica una nuova mistica della maternità quale status sociale primario, perfettamente rispondente al principio economico di riproduzione.
L’identità femminile ne esce distrutta.
Scrive l’antropologa Ida Magli (Sesso e Potere, 1998): “Le donne….sono cadute nel facile, tragico inganno che il nuovo modello fosse di per sé la distruzione del vecchio…. la società puntella di volta in volta, con provvedimenti contingenti, contraddittori, perfino balzani, della magistratura o dei politici, i ruderi del vecchio assetto sessuale, matrimoniale, parentale, sociale. Ma al centro di questi ruderi ci sono le donne. Erano loro il mattone che era stato messo dai maschi a fondamento del palazzo. Tolto il mattone il palazzo è crollato. Prive di un qualsiasi progetto, di una qualsiasi immagine di sé, le donne vivono alla giornata, come se la libertà e il potere consistessero appunto nel non avere né progetti né mete”,
In tale scenario il fenomeno separazione/divorzio non poteva avere evoluzione diversa ed essere gestito altrimenti.
La conflittualità abilmente alimentata dall’esterno è funzionale all’ulteriore lacerazione delle relazioni familiari ed alla fissazione dei ruoli. Il padre reperisce le risorse. La madre le rivendica e gestisce i consumi. I figli crescono privi di validi modelli di riferimento con i quali misurarsi ed attingere forza, prestigio, sicurezza in se stessi e del proprio posto nella società; incapaci di scelte autonome assumono supinamente gli schemi consumistici loro imposti.
Si moltiplicano problematiche e devianze, ed il controllo dello Stato Sociale – attraverso i suoi apparati perlopiù al femminile- si rafforza.
Risvolti sociologici
Statistiche recenti indicano che i neo-papà italiani sono tra i più vecchi in Europa: l’età media alla nascita del primo figlio è 33 anni.
La popolazione giovanile per il 65% permane nella famiglia d’origine mediamente fino a 30 anni di età. Di questa fascia circa il 15% è già costituita da figli di genitori separati/divorziati.
Riteniamo che altrettanti abbiano fratelli o parenti più anziani già reduci da tale esperienza.
I giovani potenziali padri quindi – ironicamente definiti Peter Pan o eterni adolescenti - sono perlopiù a conoscenza di quale sia la condizione di genitori separati non affidatari, e delle conseguenze relazionali con i figli.
Inoltre, il dibattito cui la riforma dell’attuale normativa ha dato avvio fin dall’inizio della legislatura, ha ulteriormente messo in luce tale realtà, evidenziando come proprio la paternità responsabile venga ad essere emarginata e punita.
La Gesef opera con uno sportello di ascolto dal 1994: ha quindi una conoscenza approfondita della situazione, che contrasta spesso con le versioni ufficiali diffuse da altri enti.
I soggetti che si rivolgono alla nostra struttura sono per l’83% padri separati, di un’età compresa tra i 37 e 50 anni.
Tutti lamentano sofferenza per la frattura del rapporto quotidiano con i figli, nonostante le cure loro prodigate fin dalla nascita ed il profondo legame affettivo. Di questi oltre il 70% dichiara che, anche stabilita una nuova unione, non intende generare altri figli.
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Il dibattito intorno al fenomeno della denatalità verte – oltre che sulle problematiche della madre lavoratrice – anche sull’età tarda dei neo-genitori. Si omette però di considerare le conseguenze derivanti dalla separazione/divorzio, così come oggi vissute dall’elemento più debole della coppia: il genitore non affidatario
Considerato l’aumento esponenziale delle separazioni (richiesta dalle donne nell’70% dei casi) da una parte e la consapevolezza di una paternità responsabile dall’altra, sarebbe opportuno valutare quanto la denatalità sia riconducibile ad una volontà maschile, conseguente la combinazione dei due fattori.
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Il risvolto economico
Le conseguenze anche economiche della separazione/divorzio stanno determinando una fascia di nuovi poveri: sono i padri separati non affidatari con lo “stipendio fisso” dimezzato, gravati dal mutuo per una casa in cui non abiteranno mai più, oltre alle spese per una nuova sistemazione.
Se sono fortunati hanno almeno un genitore disponibile a riaccoglierli: taluni trovano ospitalità presso la Caritas. Altri dormono in macchina, quando ancora se la possono permettere.
Il 70% di coloro che si rivolgano a noi rientra in questa casistica.
Quasi tutti gli Enti locali, sull’intero territorio nazionale, finanziano - da decenni e con soldi dei cittadini - la Casa delle Donne o centro similare che presta aiuto a donne/madri in difficoltà. Il primo ed unico Centro di Accoglienza, dove i padri non affidatari possono incontrare e pernottare con i loro figli è sorto nei pressi di Bolzano due anni fa, per iniziativa privata, solo successivamente sovvenzionato dalla Provincia.
Questi nuovi poveri, comprensibilmente impossibilitati a metter su un’altra famiglia, vengono ignorati dalle statistiche ufficiali.
Le stesse che puntualmente registrano i casi di inottemperanza al pagamento dell’assegno di mantenimento per ex moglie e figli decretato dal Tribunale.
Casi che si moltiplicano di anno in anno. Parallelamente al moltiplicarsi delle denunce strumentali da parte del genitore affidatario contro l’altro.
Nell’80% delle situazioni di omissione infatti, l’inadempiente lamenta – oltre al depauperamento legale – il ricatto illegale da cui non esiste difesa: ovvero la “concessione” del figlio solo in cambio di laute mance extra sentenza.
E quando al posto della mancia arrivavano i carabinieri, scatta immediata la ritorsione: denuncia strumentale di maltrattamenti o abuso sotto l’insegna “il bambino ha raccontato che………”. Che la macchina giudiziaria anziché sanzionare utilizza per stritolare ulteriormente la relazione figlio/genitore bersaglio, a tutto vantaggio dei professionisti del circuito integrato.
C’è innegabilmente chi, previdente e ben informato, provvede per tempo a mettere al sicuro beni e risorse.
Indignarsi è superfluo: sarebbe più utile domandarsi perché padri disponibili in qualunque momento a spendere fortune per i propri figli, arrivano in tribunale improvvisamente spilorci e nullatenenti. E prendere atto che la frattura di coppia non può continuare a tradursi in una “punizione” che condanna un genitore idoneo e responsabile alla povertà, come l’attuale prassi comporta.
E di cui, ormai, c’è cognizione diffusa.
Si sta infatti profilando un fenomeno nuovo: i giovani maschi in procinto di sposarsi o diventare padri difficilmente risultano intestatari di un bene immobiliare/patrimoniale, anche quando la condizione della famiglia di origine lo consentirebbe.
Le risorse accumulate dalla generazione del boom economico si stanno esaurendo.
La flessibilità lavorativa degli ultimi anni ha azzerato la certezza dello “stipendio fisso”, mentre i costi abitativi sono quadruplicati: nessuna famiglia di nuova costituzione, appartenente alle classe media e medio/bassa, può farvi fronte senza un pregresso risparmio.
Anche la mistica del lavoro e del guadagno si è culturalmente dissolta: il tempo libero ha ormai una valenza esistenziale.
Scenari futuri
Quale impatto può avere su questa situazione il testo in esame se diventerà legge dello Stato?
Per i genitori separati non affidatari equivale ad un tradimento, che aumenterà ulteriormente lo scollamento tra cittadini ed istituzioni politiche e giudiziarie.
Per i separandi equivale ad affilare le armi, facendo proprie quelle fin qui utilizzate da una sola parte.
Le accuse diventeranno reciproche: la cronaca offre purtroppo argomenti convincenti per colpire quel fronte che finora sembrava essere immune da qualunque attacco.
I figli continueranno ad essere le vittime sacrificali, oltreché strumenti di guerra.
I giovani, cresciuti in ambienti gestiti perlopiù al femminile (la baby-sitter, l’educatrice, la maestra, l’insegnante, la pediatra ecc.), sono alieni dal senso di colpa che ha marchiato la vita dei loro padri e dei loro nonni: non si sentono affatto in debito ne confronti delle coetanee, anzi.
La ribellione no-global si sta estendendo a qualunque tipo di autorità: gli adulti di domani, depositari di diritti indiscussi e paritetici, molto meno dei doveri, difficilmente saranno disposti ad accettare una discriminazione di genere perpetuata da una legge beffa. Una legge che anziché premiare le responsabilità genitoriali, a tutto vantaggio dei figli, avrà l’effetto di disincentivarne l’assunzione.
Le famiglie separate del futuro imminente saranno ancora più sole e sicuramente più povere.
L’assegno di mantenimento, oggi principale bandiera rivendicativa, sparirà dal vocabolario forense.
I padri, senza stipendio fisso, con occupazioni flessibili, sforniti di proprietà, non solo non saranno più ricattabili, ma certo non si affanneranno ad elemosinare la salvaguardia del ruolo genitoriale. Orfani di un modello cui riferirsi poiché cresciuti in una società senza padri, probabilmente saranno i primi a scappare di fronte alle più banali difficoltà.
Le madri dovranno contare solo su se stesse, al massimo sulle nonne: lo Stato Sociale sta già esaurendo le risorse destinate ad elargire benefits di varia natura.
Saranno le donne, questa volta, a manifestare in massa davanti al Parlamento per chiedere una legge che garantisca finalmente parità di ruoli e responsabilità genitoriali.
I bambini continueranno a pagare per tutti. Grazie anche ad una legge che qualcuno ha definito bambinocentrica.
Questa era forse l’ultima occasione per restituire pienezza alla bigenitorialità.
L’abbiamo persa: il DDL 3537 è la quintessenza del conservatorismo e della stoltezza di una classe politica pronta a qualunque compromesso, ma incapace di interpretare il futuro.
Non è emendabile. Occorre ricominciare da capo: che i legislatori si siedano intorno ad un tavolo ed ascoltino demografi, psicologi e sociologi indipendenti, ovvero non legati a scuderie di partito o interessi di bottega.
Ma soprattutto che ascoltino umilmente i cittadini, i genitori: a beneficio dell’infanzia e della famiglia, in primis, ma anche della società e della politica che pretende di rappresentarla.

giovedì, settembre 29, 2005

Chi ha bisogno di un padre?

Fathers: Who needs them?
By Dr. James C. Stroud and Fr. Brian A. Dudzinski

In 1994, approximately 19 million children, from all social strata were being raised in homes where no father figure was present. Over 50% of all children who were born in 1992 and later will spend part of their growing years living with only one parent, and in 90% of those cases the child will live apart from the father.4 Fatherlessness is a growing enigma for our society. From national satellite broadcasts, state conferences sponsored by governors and other politicians, local organizations and churches many individuals are recognizing the urgency of bringing back responsible fatherhood and fathers to the family.
This article will address the growing statistical evidence that supports the role of the father as important. The five myths that are prevalent in our society will be outlined. The benefits of father presence and child development will be discussed.

Statistics of fatherhood in USAAbout 40% of U. S. children will go to sleep in homes in which their fathers do not live. Over 50% of our nation’s children are likely to spend a significant portion of childhood living apart from their fathers. Never before in this country have so many children been voluntarily abandoned by their fathers. Never before have so many children grown up without knowing what it means to have a father.5 Wade Horn, National Fatherhood Initiative, recently identified the top ten father facts.
An estimated 24.7 million children (36.3%) live absent their biological father.
There are almost 17 million children (25%) living with their single mothers.
1.25 million or 32% of all births in 1995 were out-of-wedlock.
Today nearly 4 out of 10 first marriages end in divorce, 60% of divorcing couples have children, and over one million children each year experience the divorce of their parents.
One out of every six children is a stepchild.
There are nearly 1.9 million single fathers with children under 18.
4 out every 10 cohabiting couples have children present and of children born to cohabiting couples, only 4 out of 10 will see their parents marry. Those who do marry experience a 50% higher divorce rate.
26% of absent fathers live in a different state than their children.
About 40% of the children who live in fatherless households haven’t seen their fathers in at least a year while 50% of children who don’t live with their fathers have never stepped foot in their father’s home.
Children who live absent their biological fathers, on average, are more likely to be poor, experience educational, health, emotional, and psychological problems, be victims of child abuse, and engage in criminal behavior than their peers who live with their married, biological mother and father.6
Figure one further depicts the “disappearing dad” phenomena in our country.
DISAPPEARING DAD
US Kids Living With 1960
Father and mother 80.6%
Mother only 7.7
Father only 1.0
Father and stepmother 0.8
Mother and stepfather 5.9
Neither parent 3.9

1980
62.3%
18.0
1.7
1.1
8.4
5.8

1990
57.7%
21.6
3.1
0.9
10.4
4.3

Sources: America’s Children by Donald Hernandez, U.S. Census Bureau. Because statistics are from separate sources, they do not total 100%.7

Myths of fathers in USA “For the Lord sets a father in honor over his children; a mother’s authority he confirms over her sons” (Sir. 3:2).

“There are five myths about fathers that have been perpetuated in the United States.

The first myth is the father as a biologically unfit parent.
Margaret Mead once said that fathers are a biological necessity but a social accident. Fathers are viewed primarily as the breadwinner and the disciplinarian in our society. This idea of fathers being “accidental” was challenged by numerous individuals such as Bowlby, 1977; Pruett, 1987; Brodzinsky & Schechter, 1990; Lamb, 1981; and Parke & Brott, 1999. Fathers are not only a biological necessity, but also a social absolute.

The “dangerous father” is the second myth. There are individuals (French, Brownmiller, Dworkin, Faludi, and Wolf) who have informed us that men by their genetic make-up pose a real and valid threat to the female adult and to all children. This myth is perpetuated by Child Protective Service (CPS) workers, the media culture, and skewed and falsely reported statistics. Further, “women are just as likely as men to hurt a child, and of the people who physically abuse their own children, 60 % are mothers.” However, this is not the norm, and as long as this is a prevailing attitude, this idea can become self-fulfilling whether by the fathers or the mothers who have this attitude.

The third myth is the “lazy dad.” Hochschild (1989) made the chilling claims that men perform only seventeen minutes of household-related work a day compared to their counterparts’ three hours a day, and that fathers interact with their children only twelve minutes a day compared to mothers’ fifty minutes. McBride & Mills (1993) found fathers interact with their children on average 1.9 hours each day Monday through Friday and 6.5 hours per day on Saturday and Sunday, making the amount of time 83% of the time of the mother. Further, they found fathers to be available on average of 4-9 hours per day Monday through Friday and 9.8 hours per day on Saturday and Sunday, totaling 82% of the time of the mother.

In myth number four fathers are seen as “dead beat dads.” Have these men really run away from their families or are they being chased away? Does a “dead beat dad” really exist? Governmental agencies are quick to point our statistics of the run-away or deadbeat dad, but negligent in accepting part of the responsibility of this phenomenon. Due to court decisions, lack of father support, accusations of spouses, and denial of welfare payments to women if there was a man around the house have forced men from the very role many government officials are now touting as crucial . . . the fatherhood role! Recent legislation, sponsored by Senator Pete Dominici, R-N.M. and Senator Evan Bayh, D-Ind., entitled “Fathers Count” passed the House by a vote of 328-93. The primary purpose of this legislation is to assist men in becoming responsible fathers. The legislation will offer grants for numerous initiatives. The bill is pro-marriage. It offers two-parent, at-risk families incentives for fathers to assist their children and become more involved parents.

The fifth myth is the “bumbling father” or the “useless father.” Parents looking for books with positive father role models, other than the traditional disciplinarian and breadwinner are pretty much out of luck. The media supports the bumbling and useless father myth (“choosy mothers choose Jif”; “recommended by Dr. Mom”; Kix is “Kid tested, mother approved”). Fathers are depicted as inept in the areas of nurturing and caring (Three Men and a Baby; Home Improvement, Mr. Mom, etc.). Additional portrayals of fathers by the media include the “rotten father” (First Wives Club), the “non-committed” or “stay-away” father (Bambi), and the “not needed” father (The Big Chill; E.T. the Extra-Terrestrial).

On Father’s Day many negative articles about fathers are published (“Disappearing Dads Disruptive to Society,” “Where Have All the Fathers Gone?” and “Deconstructing the Essential Father”), but the most poignant story to represent the “useless father myth” is the following, a cartoon depicting a 5 year-old girl looking at the calendar and noticing “Father’s Day” asks her mother, “what is a father?”

Importance of fathers in child developmentFathers and Cognitive Development Numerous investigators have examined the important role a father plays in his child’s cognitive development. A positive relationship has been found between the amount of social stimulation (rocking, talking, looking, touching) and an infant’s level of mental ability. In addition, research findings suggest that a father’s presence affects the cognitive development of his son in early infancy; baby boys whose fathers live with them score higher on cognitive measures than baby boys whose fathers are absent. The amount of interaction between a baby boy and his live-in father also affects the infant’s intellectual growth; more frequent contact is associated with higher scores on cognitive development scales.
Research further indicates that a father’s availability, as well as a father’s presence or absence, affects older children’s academic performance. In a study of third-grade boys, Blanchard and Biller (1971) concluded, “underachievers, who were working below grade level, came from homes where the father had left before the child was 5. The superior academic performers were the boys whose fathers were present and highly available.”

A survey of over 20,000 parents found when fathers are involved in their children’s education including attending meetings and volunteering, children were more likely to receive an A, enjoy school, participate in extracurricular activities, and less likely to be retained.

Fathers and socio-emotional developmentIn early infancy, the quality of the relationship between a father and his child affects the baby’s ability to socially interact with other adults. Findings from studies involving infants as young as five months old suggest a positive relationship between a baby boy’s contact with his father and the infant’s _expression of friendliness toward a strange adult; baby boys who have more contact with their fathers are friendlier, more vocal, more willing to be picked up, and enjoy frolic play more than sons who have less involved fathers.

During the preschool years, a father’s consistency in discipline is further related to his child’s socio-emotional development. In a study conducted by Baumrind (1967), paternal consistent discipline was associated with likable, autonomous, imaginative, and confident behavior in boys, and well-socialized, friendly, and dependable behavior in girls. Children in single-parent families are two to three times as likely as children in two-parent families to have emotional and behavioral problems.

Fathers and physical development
Most studies conducted in the area of fathers and the physical development of their children have been focused on the issue of how fathers play with their children. A general conclusion from this research is that fathers are not only more likely than mothers to be an infant’s play partner, but also the type of play initiated by fathers is different than that provided by mothers. Fathers tend to engage their infants in physically stimulating and unpredictable or idiosyncratic types of play. Mothers, meanwhile, are more likely to initiate conventional games (like peek-a-boo and pat-a-cake) and toy-mediated play. This paternal play style undoubtedly fosters an infant’s physical competence by providing opportunities for exercise and gross motor development. Physical contact is a sign of being wanted and is an important means of communicating our presence to others.

Fathers and spiritual developmentThe father has traditionally been the one, from Old Testament times until present day, whom the family looks to for strength and leadership. Like anything else, there are exceptions. We have to be careful that we do not let the exceptions be seen as the rule. In the times and society we live in today the father is not always the spiritual leader, the mother is. The mother plays a very special and important role in the spiritual formation and development of her children, but when both mother and father take an active role in this development the effectiveness is profoundly greater.

The mother is very influential in “molding” the spirituality of the children, but the father is the one that enables it to harden and take its final shape. Without the father’s support and leadership the pot will “crumble.”
A child needs both parents, if possible, to set him solidly on the right spiritual path. Single parents can accomplish this task, but without both the father and mother it becomes even more difficult.

SummaryNumerous governmental agencies; politicians; religious, community and civic leaders; educators; health care workers; and others are calling for a national effort to bring back responsible fatherhood. There has been a proliferation of material written in the past five years on the topic of the importance of fathers and fatherhood.

David Blankenhorn (1995) offered twelve proposals to assist the fatherhood movement. His first proposal is in the form of a pledge that every man should take:
Many people today believe that fathers are unnecessary. I believe the opposite. I pledge to live my life according to the principle that every child deserves a father; that marriage is the pathway to effective fatherhood; that part of being a good man means being a good father; and that America needs more good men.
Blankenhorn stated that numerous religious leaders have abdicated the entire issue of marriage to divorce lawyers. Some clergy have lost interest in defending and strengthening marriage. Others cite that they are concerned about offending church members who are divorced or unmarried.

Additionally, the National Fatherhood Summit (Washington, D. C.) recommendations of June 1998 call on faith-based communities to assist in bringing fathers back to their families. State initiatives such as “Building Bright Beginnings” in Indiana are recognizing fathers do count. Current right and left political platforms are addressing the urgency of children growing up without fathers in their lives. Many are calling on the church to lead the return of fathers to their children.

God has placed great emphasis on the important role of fathers. “Scripture teaches that a father has many roles. Among them: he is the head of the family (Joshua 24:1); he is to be the family’s teacher and is responsible for seeing that family life is in accordance with God’s instructions (Deut. 6:7, 20ff); he is to be a respected authority in the family (Exod. 20:12), the family’s priest (Exod. 12:3), and the family’s provider and protector (1 Tim. 5:8).”

Fathers: Who needs them? We all need fathers. Society should values them, include them, and encourage their involvement in their families.

Resources

National Fatherhood AssociationsNational Fatherhood Initiative National Center on FatheringNational Center on Fathers and FamiliesSt. Joseph’s Covenant KeepersPromise Keepers

Web Sites
www.nfi.org
www.ncf.org
www.dads.org
www.about.com
http://www.fathermag.com/

Gli effetti persistenti del divorzio

The Washington Times www.washingtontimes.com
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Divorce's lasting effects By Cheryl Wetzstein
THE WASHINGTON TIMES
Published September 27, 2005
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Even though adult children of divorce often appear well-adjusted and successful, their childhoods were profoundly scarred by their parents' breakup, a study finds. The "untold story" of divorce is that it forces children into a strange new childhood that is filled with stress, secrets and fears about safety, says Elizabeth Marquardt, author of "Between Two Worlds: The Inner Lives of Children of Divorce." Many researchers say that if children "don't end up drug addicts in the street," it means they are just fine and the divorce wasn't a problem for them, says Mrs. Marquardt, who is one of roughly 15 million Generation Xers -- or one in four persons ages 18 to 35 -- whose parents divorced. "But just because you've managed to survive something and come through it OK doesn't mean at all that the experience was no big deal. ... As a society, we still have not grasped just how radical divorce really is," says Mrs. Marquardt, a scholar at the Institute for American Values in New York. Her advice to parents is to fight harder to save their marriages instead of opting for a "good divorce." "While a good divorce is better than a bad divorce, it is still not good," she says. Mrs. Marquardt's views collide with those of the booming divorce industry, which maintains that "the way" parents divorce is more important than the divorce itself. "Ending a marriage is a painful, wrenching process that shakes up the family's foundation, but it doesn't follow that the family itself is broken," sociology professor Constance Ahrons wrote in her 2004 book, "We're Still Family: What Grown Children Have to Say About Their Parents' Divorce." In her study of 173 adult children of divorce, Ms. Ahrons found that most of the children had blossomed into effective adults who were connected to their families. Three-quarters thought they and their parents were better off because of the divorce. "How you rearrange the ingredients -- how two new households are built from the original foundation -- is the key to the family's future," concluded Ms. Ahrons, a divorcee who coined the phrase "The Good Divorce" in her 1994 book of that title. Divorce rates have been edging down nationally. In 2004, there were 3.7 divorces per 1,000 persons, compared with 3.8 divorces per 1,000 in 2003 and 3.9 divorces per 1,000 in 2002, according to the National Center for Health Statistics. In 2004, this translated into about 800,000 divorces, far fewer than the 1 million-plus a year recorded for much of the 1970s, 1980s and 1990s. But 800,000 divorces a year is still a formidable number, which is why most academics and counselors accept widespread divorce as inevitable and focus on helping couples create amicable or "good" divorces. "I think divorce looms large for all children, but I don't think it's a huge handicap," says Vicki Lansky, author of many divorce-related books, including "Divorce Book for Parents: Helping Your Children Cope with Divorce and Its Aftermath" and "It's Not Your Fault, Koko Bear." "Most people understand that divorce is problematic for their children, but studies have also shown that an unhappy family or a family with a lot of yelling or anger is as much, if not more, detrimental to a child ... than divorce," says Ms. Lansky, who divorced many years ago. She prescribes divorce education so parents won't keep fighting after the breakup, and arrangements that give both parents access to their children. It would also help if the nation would stop hyping the "whole nuclear-family fantasy" and how children deserve "perfect lives," Ms. Lansky adds. "I don't think anybody has perfect lives," she says. "Family configurations are so different today, and I think it's wonderful. I think we need more family, not less. ... The more, the merrier." Mrs. Marquardt says her study is unique because it captures the inchoate impact of divorce -- the dismay, longing, discomfort, anger and worry that children experience, but often can't put into words. With help from University of Texas at Austin professor Norval Glenn, she surveyed or interviewed more than 1,500 adults, ages 18-35, half from divorced families and half from intact families. Her research shows that children of divorce learn to: •Worry about child abuse, sexual abuse and parental kidnapping. •Worry about their "stuff," because it is often lost in the constant traveling. •Wonder about religion and God, owing to the mixed messages they receive from their parents. •Become "chameleons," because they must figure out how to function in their parents' often starkly different worlds. •Become vigilant about parental moods. •Become a keeper of secrets, especially those of their parents. •Handle a parent's subsequent remarriage and/or divorce. For most children, the most dramatic change is going from being a member of one, intact family to being a part of two or more families with ever-changing rosters of parental lovers, relatives, stepparents and stepsiblings, says Mrs. Marquardt. Any sense of "belonging" is lost because "as children of divorce, we became insiders and outsiders in each of our parents' worlds," she said. Mrs. Marquardt, who is married and a mother, says she is not calling for an end to divorce or trying to make divorced parents, including her own, feel bad. Her message is that two-thirds of divorces occur to couples who have unhappy but low-conflict marriages. "I urge parents to think harder still" about ending those marriages, she says. "A lot of people in an unhappy marriage can get happier in their marriage." Speaking for herself and other members of "the first generation" of Americans to grow up in a society where divorce is prevalent, Mrs. Marquardt adds: "This is what we want: a home, strong marriages, wholeness, understanding of our true experience and a secure world for our children -- one world." Copyright © 2005 News World Communications, Inc. All rights reserved.

venerdì, agosto 05, 2005

Rivalsa isterica ovvero l'acting out dei problemi psicologici in azioni giuridiche

Psicopatologia nella separazione divorzio e affidamento
Mario Andrea Salluzzo

Attualità in Psicologia, Vol. 19, n.3-4, Lug.-Dic. 2004, pp. 221-235.

Siamo lieti di segnalare ai frequentatori del nostro sito l’articolo di Mario Andrea Salluzzo, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Attualità in Psicologia.

Psicologo operante nel Servizio Sanitario Nazionale da oltre 10 anni, Salluzzo si occupa da alcuni anni delle tematiche legate alla separazione. Altre sue pubblicazioni sono comparse nel 2004 sui notiziari dell’Istituto di studi per la paternità e dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica.

L’autore, dopo aver presentato un quadro generale del problema, si addentra appassionatamente nella sofferenza della separazione, nelle difficoltà del rapporto coi figli, nelle dinamiche psicosociali, nella responsabilità delle classi professionali implicate, nei metodi psicologico-psicoterapeutici, toccando, infine, anche il tema controverso delle riforme legislative.

In particolare, ci è sembrato interessante l’estensione del concetto di acting out - derivante dalla teoria della psicoterapia - al fenomeno della conflittualità giudiziaria nelle famiglie separate. Riportiamo, pertanto, l’intero paragrafo che l’autore ha dedicato al tema dell’acting out giudiziario.

L’acting out giudiziario

Il concetto di acting out deriva dalla teoria delle psicoterapie dinamiche (Freud S., 1914). Esso sta a designare, in sintesi, tutta quella serie di comportamenti, che possono essere impulsivi, o comunque caratterizzati da rimozione e/o scarsa mentalizzazione - mancata metabolizzazione della funzione alfa, secondo la teoria di W. R. Bion (1962) - tesi a risolvere in modo improprio, all’esterno del contesto psicoterapeutico, un disagio di origine psicologica. Il soggetto crede genuinamente di adottare strategie più adeguate ad affrontare il disagio, in realtà sta solo perpetuando all’infinito comportamenti distruttivi e cronicizzanti il proprio e l’altrui malessere. In questo caso, l’agire diventa un impedimento alla comprensione della natura psicologica del problema. Così facendo, gli ex coniugi possono adire irriflessivamente – gli psicoanalisti lo definirebbero “un agito” (acting) – alla separazione e continuare a confliggere per anni – a volte vita natural durante – utilizzando il sistema giudiziario in modo perverso, come palcoscenico cioè dove rappresentare il loro disagio, nella illusoria speranza di una riparazione delle proprie sofferenze.

Difatti la giustizia è inadeguata a svelare le cause psicologiche del conflitto, né può prescrivere l’amore, la comprensione o il benessere familiare. Inoltre, al disagio irrisolto che ha spinto la coppia a dividersi, si aggiungono altri disturbi psicopatologici accessori, che potremmo equiparare a delle nevrosi da indennizzo (Giberti F, Rossi R., 1983). Sono quelle che spingono gli ex coniugi a rivendicazioni infinite nel vano tentativo di vedersi riconosciuti i torti inflitti dall’altro. Ma la valutazione di tali torti spesso si rivela essere critica, in quanto, a volte, solo nella loro soggettività risultano essere tali, oppure, qualora realmente esistenti, potrebbero essere tuttavia difficilmente dimostrabili. L’interesse di prevalere nelle contese giudiziarie e le reazioni psicopatologiche, inevitabilmente, inquinano i resoconti dei contendenti. Alcuni autori parlano a tale proposito di “fattoidi” (de Cataldo, 1997) per designare la natura incerta di quanto riferito da chi è sottoposto a interrogatori o perizie in ambito giudiziale. Come se non bastasse, anche l’inevitabile soggettività dei periti nominati come C.T.U. nei vari procedimenti giudiziari contribuisce a rendere più incerti e insoddisfacenti i giudizi. I periti, infatti, hanno formazioni psicotecniche diverse e possono fornire al giudice versioni anche contrastanti di uno stesso caso, a seconda della loro preparazione. Di conseguenza, il riconoscimento dei torti da parte dei magistrati potrebbe diventare impossibile, con l’indesiderato effetto di vedere il permanere dell’insoddisfazione in entrambe le parti per lunghi anni.

Infine - anche a causa della intrinseca natura dei provvedimenti, che tipicamente prevedono pene, limitazioni, sanzioni, risarcimenti a carico di una delle parti, con la conseguente tendenza delle parti a falsificare i propri atteggiamenti e resoconti sui fatti accaduti - il sistema giudiziario può solo generare il più possibile l’evitamento della comprensione interiore dei fattori psicologici che hanno ridotto gli sfortunati protagonisti della vicenda al fallimento del loro progetto di vita in comune. Perché di questo si tratta: la separazione e il divorzio, in misura variabile da caso a caso, sono spesso un evento traumatico, un fallimento, e chi non vi fosse preparato può giungere alla disperazione e soccombere. I disagi familiari che esitano in stragi e suicidi sono fin troppo spesso materia di cronaca.

Chi si separa spinto da una impellente esigenza, senza aver sufficientemente elaborato una meditata decisione, spesso è afflitto da uno stato penoso di disagio che gli rende impossibile comprendere cosa gli stia accadendo. Preso dal bisogno di eliminare al più presto una sofferenza insopportabile a cui non è abituato, finisce col riporre nei metodi giudiziari una fiducia ingenua, guidato dall’illusione di una rapida risoluzione dei problemi personali e di organizzazione della vita provocati dai disagi di coppia. Gli avvocati non sempre hanno la preparazione o l’intuito psicologico per spingere i loro clienti a riflettere, né il potere, ovviamente, di indurli a farlo. Né è loro compito identificare la natura psicopatologica del conflitto. Spesso condividono coi loro clienti la stessa mentalità orientata alla risoluzione rapida e indolore. Così facendo finiscono col colludere con il cronico ed irrisolvibile prolungarsi del conflitto e delle cause che l’hanno generato. Che la soluzione legale sia facile da elaborare mentalmente e rapida da ottenere è fuor di dubbio, che sia efficace non è possibile prevederlo, ma solo ottimisticamente o magicamente attenderselo. Non esiste alcuna garanzia che la via giudiziale intrapresa non si trasformi in un iter perverso irreversibile.

Per non parlare del fatto paradossale – che completa il quadro di quella che si potrebbe definire la perversione dell’acting out giudiziario – che il sistema della giustizia, a cui ricorre la coppia in conflitto, è esso stesso basato sul conflitto e che, come tale, può solo inasprire lo stress e provocare un cronico prolungarsi di reazioni psicopatologiche. Assurdamente, l’intervento della giustizia viene utilizzato dagli ex coniugi per mettere in atto, in forma legalizzata, una serie di violenze, estorsioni e ritorsioni reciproche, vanificando quindi l’intendimento risanante, non solo della legge sul divorzio, ma anche quello delle altre leggi finalizzate alla limitazione delle violenze familiari.

L’esperienza clinica dimostra che le coppie conflittuali possono rimanere avvinghiate in un odio implacabile per decine di anni se non per tutta la vita; e che la tanto vagheggiata liberazione dall’altro, che a questo punto potremmo identificare come guarigione dai propri disagi psichici, di cui gli ex coniugi sono prigionieri, diventa impossibile, essendo entrambi inestricabilmente congiunti in un abbraccio mortale (Main T., 1966) che gli impedisce di ritrovare l’apertura psicologica per mentalizzare il passato e il presente, finendo col perdere la fiducia e l’entusiasmo per prospettare pienamente una vita futura. Una volta distrutta la fusionalità dell’eros, i coniugi restano uniti – più di prima – nella fusionalità dell’odio.

Ci troviamo in una situazione simile a quella che negli anni sessanta Franco Basaglia (1968) denunciava a proposito della violenza nelle istituzioni psichiatriche. Gli operatori della psichiatria sapevano benissimo a quali disumani trattamenti venivano sottoposti i malati di mente, ma tutto rientrava nella logica dell’establishment e finivano per non farci più caso, perché il loro ruolo professionale veniva riconosciuto dalla società solo in quel senso. In altri termini, per difendere il proprio assetto identitario, era più forte il bisogno di aderire al consenso sociale, sancito dalle leggi dello Stato, piuttosto che farsi carico della reale sofferenza dei malati. Cosi come avveniva per i malati di mente ospedalizzati, così, quando le famiglie in crisi entrano nel sistema della giustizia avviene lo stesso processo di destorizzazione e oggettivazione descritto da Basaglia.

I soggetti trattati dagli strumenti tecnici delle istituzioni giudiziarie perdono il loro ruolo personale di artefici del proprio destino per essere soggiogati alla logica del potere di leggi non rispondenti alle esigenze e alla effettiva configurazione del fenomeno su cui devono andare ad operare. Il ruolo degli operatori della giustizia finisce con l’essere solamente acquiescente nei confronti di un sistema che applica impassibilmente le sue leggi, incurante dei danni che provoca. Gaetano Giordano (3° Rapporto Nazionale Eurispes-Telefono Azzurro sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza) non esita a parlare di family chopping nel considerare la distruzione delle relazioni affettive fra genitori e figli, e il marcato disagio sociale e individuale che ne consegue, come caratteristica emergente della gestione giudiziaria delle separazioni coniugali.

Il movimento psichiatrico riformista degli anni sessanta sottolineava che il decorso della malattia mentale degli internati non apparteneva primariamente a questa, come la scienza psichiatrica voleva lasciare ad intendere, ma che il decorso della malattia era la diretta conseguenza dell’incontro tra l’evento della malattia e l’istituzione deputata a curarla.

Nel nostro caso ci veniamo a trovare di fronte ad un sistema dove le coppie in difficoltà entrano per ricevere giustizia e risanamento della loro vita, ma finiscono col trovare in molti casi solo disagio aggiuntivo - quindi iurigeno - e compromissione del benessere psichico per le generazioni future. Viene spontaneo domandarsi se ci troviamo solamente di fronte ad una psicopatologia della coppia, o al suo maligno aggravamento provocato dalla prassi e dalle normative del sistema sociogiuridico. E’ fuor di dubbio l’inintenzionalità di nuocere dei magistrati e delle categorie (avvocati, consulenti, assistenti sociali, ecc.) collusivamente coinvolte nei meccanismi perversi su esposti, ma è pur vero che essi vi partecipano spesso con consapevolezza, ben sapendo che il loro operato può comportare un’ulteriore sofferenza. Questo, agli occhi della società, non li rende perciò incolpevoli, ma responsabili in solido – potremmo dire – con il sistema in cui svolgono la loro attività. Potrebbero fare altrimenti, iniziando a superare il vissuto di ineluttabile sottomissione all’ordinamento vigente e cominciare a ribellarsi all’idea di sentirsi obbligati a trasferire nella loro attività tutti gli errori di fondo del sistema in cui operano. Invece continuano ad attuare ciò che potrebbe definirsi una sorta di follia legalizzata.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

3° Rapporto Nazionale Eurispes-Telefono Azzurro sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza.

Basaglia F. a cura di, (1968) L’istituzione negata, Giulio Einaudi Editore, Milano.

Bion W. R., (1962) Apprendere dall’esperienza, (1972) Armando, Roma.

de Cataldo L., (1997) L’esame del minore, Quaderni ISISC, n. 13, pp.119-149; citato in Giorgi R., Madre Teresa non ha sposato Hitler, Associazione Italiana di Psicologia Giuridica, n. 14, pp.5-7, 2003.

Freud S., (1914) Ricordare, ripetere e rielaborare, (1975) Opere, vol.7, pp.353-361, Boringhieri, Torino.

Giberti F., Rossi R., (1983) Manuale di Psichiatria, Piccin, Padova.

Main T., (1966) Una teoria sul matrimonio e le sue applicazioni pratiche, Interazioni, n.1/1993, pp.81-107.

Si ringrazia la casa editrice E.U.R. Edizioni Universitarie Romane per aver gentilmente concesso la pubblicazione di questo estratto dalla rivista Attualità in Psicologia.

venerdì, luglio 29, 2005

Tritatutto - genitori e bambini sono le vittime

Eppur si muove. Ogni giorno arrivano notizie di piccoli risultati. Un po da tutto il mondo e anche in Italia. Mi fa molto piacere per Aldo Forte sapere che anche le sue vicende si sono finalmente concluse dopo 10 anni di incredibile tenacia e presistenza. "Carissimi , oggi 26 luglio 2005 la Corte di Appello di Bologna si è espressa sull'affidamento di Devid. Forse per la prima volta un tribunale ha rigettato tutte le richieste di una donna e l'ha condannata al pagamento di tutte le spese processuali di 1° e secondo grado . Dopo molti anni finalmente quasi giustizia è stata fatta . Sono felice perchè quale motivazione della sentenza della corte di appello del rigetto è stata la strumentalità dei ricorsi della stessa."

Leggere la storia di aldo fa venire i brividi, immedesimandosi in lui, ma sopratutto pensando al gravissimo trauma subito dai suoi figli.
Se tutti i padri avessero combattutto come lui sicuramente adesso le cose nella nostra società sarebbero diverse! Queste situazioni incredibili, fanno capire cosa puo' motivare gli estremi gesti di rabbia di chi non ce la fa a resistere al sistema tritatutto. Immaginate di essere "dichiarati pazzi" e come tali considerati da tutti, continuare a difendersi. Perdere il lavoro. Continuare a vedere rigettate le vostre richieste di verifica. Sapere di essere stati sottoposti ai piu' stringenti controlli medici per questioni di lavoro e venire dichiarati pazzi, sulla base di una persona del sistema che non aveva non solo alcun titolo per esprimere qualle valutazione, ma neppure il minimo barlume di prova. Le parole scritte su un pezzo di carta legale sono "verita' legale" piu' incontrovertibile della verita' scientifica. Un errore puo' sempre succedere, ma la cosa aberrante e' la pervicacia di un sistema che sulla base di un errore assurdo, continua a fare di tutto per non accorgersi dell'errore e provvedere tempestivamente alle contromisure, procedurali e puntuali.

Quelli che ogni anno esplodono, perche' non trovano via di uscita. Non sono folli. Sono vittime di un mobbing genitoriale di stato, causato da evidenti negligenze procedurali e scarsa professionalita/serieta' di chi deve dare un servizio pubblico. Riassumendo in breve la storia, si capisce che anche la mamma, ex compagna di Aldo e' anchessa vittima del sistema. Come sempre avviene in questi casi. Si capisce che la mamma prima di tutti aveva bisogno di AIUTO e sostegno, insieme alla sua famiglia, per il bene dei figli minori.

Invece, questo sistema "giudiziale" ha mostrato i gravi danni che derivano da un approccio totalmente imperniato sul diritto e sulla burocrazia. Valutando un "sistema", sia esso una fabbrica automatica, un ospedale o un moderno ed efficiente "processo di separazione dei genitori con figli minori" ne devo valutare il livello di qualita' in termini di tempo di processo, tempi di attesa, efficacia (costi/benefici) e sopratutto qualita' del prodotto finale. Il processo di separazioni giudiziale ne esce con punteggi da era preindustriale. Se lo paragonassimo a un ospedale, i suoi medici sarebbero tutti inquisiti per negligenza e i pazienti con mortalita' africana. Il benchmarking con un ospedale e' piu' che corretto, essendo entrambi i processi operanti su "persone" il cui "benessere" finale e' un parametro essenziale della valutazione. Viene misurato il benessere psichico di madre, padre e figli dopo la separazione? NO! Non interessa a nessuno. Non esiste neppure il concetto di sistema di qualita' nei sistemi giudiziari! Il cui compito di un sistema di qualita' e' proprio quello di definire protocolli e procedure per minimizzare gli "errori di sistema" e gli "errori stocastici", massimizzando la qualita' del prodotto finale: il benessere del minore e dei suoi genitori, che ad esso sono essenziali.

Quando si vola, ogni volta che avviene un pur minimo incidente (occorrenza di problema) si traccia il problema, si fa una indagine per risalire alla causa, si aggiornano immediatamente le procedure. Solo per questo possiamo avere una relativa sicurezza del volo. Siccome e' in gioco la vita delle persone diventa essenziale garantire livelli di affidabilita' e di qualita' molto elevati.

Nella storia di aldo, un errore di valutazione, dovuto a un evidente pregiudizio di una sola persona che non aveva alcun senso di responsabilita', o che semplicemente applicava una "regola standard" ha provocato dieci anni di sofferenze incredibili ai figli, che qualsiasi padre di riflesso avrebbe sofferto per il senso di assoluta impotenza. Quanti padri nella situazione di Aldo avrebbero desistito dopo uno o due anni? Le statistiche ci dicono il 50%.

E' ora che il mondo chiuso delle separazioni si confronti con il mondo reale. Entrare in un tribunale da la stessa sensazione di rivivere l'atmosfera Orwelliana di Brazil, mitico film di Gillam. Presenziare e partecipare a un dibattito sulla legge per chi non e' avvocato, magistrato o psicogiurista, e' "invasione di territorio sacro" e il commento piu' benevolo che si puo' sentire e' "sembra di essere da Maurizio Costanzo." Questo rifiuto della cross-professionalita' del benchmarking e' l'essenza della negazione della qualita' del processo. Causa primaria di tutti gli scompensi che sono identici in tutto il mondo che adotta le stesse procedure.

Chi sono per dire questo? Un ingegnere che guarda alla nuda realta' senza precondizionamenti ne devianze emotive. Cosa tiene assieme una coppia genitoriale? Le leggi? Il bastone? Non penso che quando due mettono in cantiere un figlio siano li a fare la coda per la carta bollata. Le forze di aggregazione familiare sono essenzialmente le risultanti di transazioni psicologiche tra l'interno e l'esterno della famglia. La loro dinamica e' piu' influenzata da aspetti "psicologici" che legali. Semmai un fattore di crisi o stabilita' sono i soldi e l'amore. Cambiamenti stressanti sono il cambiamento di lavoro, la perdita di una persona cara, la nascita di un figlio, il cambio di abitazione. Quando una coppia scoppia, le comunicazioni tra i genitori sono quasi "riflessi automatici" con transazioni bloccate su riflessi quasi pavloviani. Se in quelle condizioni decidono di "superare il momento stressante" separandosi, aggiungono a una situazione stressata al limite un ulteriore picco di stress derivato dalla decisione di separarsi. E' quasi normale che in condizioni non di quiete e relax, i due genitori siano ulteriormente destabilizzati sul piano psichico. Per non parlare di cosa avviene quando ci sono anche condizioni iniziali di personalita' anche lievemente disturbate o con problemi di autostima/dipendenza. Come reagisce una personalita' paranoica in una fase di separazione? Una madre dipendente e fagocitante? Un padre? Non e' una questione di genere. Ma di transazioni che si instaurano in condizioni di elevato stress.

Di norma una coppia si rivolge all'esterno. Parenti stretti. Amici. Confessore. Psicoterapeuta. Analista. Avvocato. Chiede auto. Facciamo un test. Secondo voi, a buon senso, chi dovrebbero essere le persone esterne alla coppia, che un buon manuale di qualita' dovrebbe prescrivere al primo punto di insorgenza di crisi nella coppia? "Tra moglie e marito non mettere il dito" recitava la saggezza popolare, di cui abbiamo perso le dimostrazioni scientifiche di validita'.

Forse in America l'analista avrebbe qualche preferenza. Qui da noi, per certo Amici, Parenti, Avvocato sono la sequenza piu' frequente. Non certo le persone piu' competenti e specificamente preparate per dare sostegno valido alla coppia genitoriale. La coppia ha la comunicazione emotiva bloccata. Non riescono a sentirsi in sintonia. Come prima cosa si deve rimettere ordine nella comunicazione. Nel protocollo di handshake tra i due. Farli parlare e ascoltare a turno. Riprogrammare il loro linguaggio, per tenere sotto controllo le classiche distorsioni cognitive come il pensiero polarizzato, tutto o nulla, generalizzazioni e altre distorsioni logiche. Riportare tutto su un piano razionale e poi di condivisione emotiva. Ci sono numerosi testi e scuole di riferimento.

Questa azione di sostegno, pragmatica ha una certa resa. Che puo' poi pilotare psicoterapie piu' mirate anche di tipo analitico. Se comunque fallisce, il suo naturale sbocco e' la mediazione genitoriale per mantenere comunque la comunicazione essenziale riguardante i figli.

Troppo spesso, la paura del "medico del cervello" e il mito del "divorzio facile" consumistico e "se son piccoli i bimbi soffrono anche meno", fa saltare a pie' pari con grande slancio ogni tentativo di far funzionare una coppia, che fino a quel momento di "picco stressante" funzionava bene. Un po come si fa con l'elettronica oggi, e' di moda buttar via una famiglia e farne un'altra. Ci sono recidivi seriali che arrivano a incasinarsi con tre o quattro situazioni da ricovero, tutte in tribunale. Ovvio che poi non ti rimane che l'estremo rimedio. La soluzione finale.

Tipicamente, il saltare a pie' pari ogni sostegno psicologico, formazione o mediazione, e andare a parlare con l'avvocato nel picco di massimo stress e conseguente disequilibrio psichico, fa scatenare meccanismi di "rivalsa isterica" ovvero "l'acting out" dei problemi psicologici in azioni giuridiche. Avvocato, faccia questo, faccia quello. L'avvocato se esperto e autorevole puo' anche in qualche modo mitigare, ma nulla vieta che un cliente intransigente trovi pane per i suoi denti. E cosi' esplode il conflitto. Piu' una persona e' insicura e piu' sara' indecisa, incentivata a non mettersi in discussione e lanciarsi a testa bassa "contro" l'altro genitore. Tira e molla sui figli. Tira e molla sui soldi. Consensuali che diventano giudiziali. O che fanno scaturire una denuncia per pedofilia, violenze e quanto altro. PAS (Sindrome di Alienazione Genitoriale) per alienare i figli. Tutti problemi nati da situazioni che non hanno nulla a che vedere con il diritto e con la legge.

Ci sono tre livelli di realta'. Quella reale, che nessuno di noi conosce se non per approsimazione. Quella percepita, che e' fortemente soggettiva, condizionata da quanto arriviamo a conoscere e come questa conoscenza viene modulata dalle nostre emozioni. Poi c'e' una cosa che esiste solo nei tribunali, che e' la "realta' processuale" ovvero la realta' verificate da prove ammesse legalemente. Che spesso e' ben diversa dalla "realta' misurata o scientifica" ovvero il nostro miglior modello di identificazione della realta' cn gli adeguati parametri. Ad esempio. Se uno che ha titolo dichiara che il signor x e' pazzo, anche se non ha alcuna misura oggettiva e ripetibile da cui ricava la diagnosi, puo' essere scritto agli atti come verita' giuridica. Che ha valore sociale. Un violentatore o un pedofilo o uno psicopatico o psicoinstabile difficilmente avra' accesso ai figli.

Insomma in tribunale si entra in una realta' particolare, burocratica, che offre garanzie sul piano legale e del diritto solo sul piano formale.

Date queste premesse, risulta ovvio che il risultato finale del sistema dipende molto dalle condizioni di ingresso dei due genitori e dalle condizioni al contorno di assistenti sociali, consulenti di parte, consulenti del giudice e avvocati. Il magistrato avra' rarissime occasioni per conoscere direttamente la realta, basandosi esclusivamente sulla realta' degli atti e quindi dalla presentazione della realta' offerta nella fase di "acting out" di tutti gli attori.

Come mai allora tante coppie di genitori si separano pacificamente realizzando la piena ed equa compartecipazione alla vita dei figli? Perche' hanno maturato assieme ed elaborato il progetto di separarsi, senza fretta, mantenendo rispetto, fiducia reciproca e totale responsabilita' genitoriale, che non viene mai delegata, se non su un piano meramente formale. Possono avere il giudice che scrive quello che vuole sulla omologa, perche' finira' in un cassetto, insieme agli altri certificati di stato di famiglia. Continueranno ad essere genitori.

Questo e solo questo realizza il massimo bene del minore, pur nella separazione dei genitori che comunque dispiace. Sia la mamma che il papa' sono fondamentali se idonei e si impegnano ad essere genitori, decicando tempo, imparando e confrontandosi tra loro e con esperti.

Questo deve essere l'obiettivo di una legge ce tuteli veramente i minori e la bigenitorialita'. Un processo che incentivi la riduzione del conflitto trai genitori. La legislatura piu' avanzata si sta proponendo in US, Tennesse e California. Parla di
"Time-Shift Shared Parenting". This is identical to the equal custody bill which had previously been filed and debated in Tennessee. It ceases any power of judges over children who have fit parents, by the parents time-dividing the primary decision-making (residential) status between them. It also stops almost all custody battles before they even begin, because there is no morecustody to fight over.

Ovvero, appurando scientificamente con test piu' scientificamente accurati che i due genitori sono idonei, non patologizzanti, il giudice non deve decidere nulla perche' si attua PER LEGGE UN AFFIDO ALTERNATO dividendo quindi temporalemente la piena responsabilita' parentale cosi' come farebbero due genitori non separati civilmente quando si trovano a distanza per qualche motivo, ad esempio di lavoro. Questo elimina immediatamente ogni motivo di contenzioso riguardante i figli, ovvero decisioni, tempo, casa e soldi.

Questo e solo questo, disincentiva l'escalation di rivalsa giudiziale, incentivando invece il ricorso a terapia di coppia o mediazione genitoriale, che effettivamente non puo' essere imposta per definizione stessa del procedimento di mediazione. Si puo' mediare solo se vi e' un punto equo di partenza (parita' tra le parti) e si rende piu' efficace in termini di rapporto costi/benefici trovare insieme una comunicazione e un compromesso autonomamente e non imposto da un terzo e quindi subito in modo passivo.


martedì, luglio 26, 2005

Senza Famiglia - Figli dispersi nel naufragio

ISTAT 2003 la famiglia affonda. Da una analisi di Massimiliano Rella, pubblicata lunedi 25 luglio su IL SOLE-24 ORE, Liguria e Valle D'Aosta hanno la palmares della instabilita' familiare, con una famiglia che si dissolve per ogni nuova famiglia che si crea. I ratei sono Liguria e Valle' 93% Piemonte 76% Emilia 74% Friuli 71% Lombardia 63% - un incremento allarmante rispetto alla media di 33% del 2002. Che fa presagire l'urgenza di una riforma del diritto di famiglia, ormai non ulteriormente procrastinabile.

La prassi e' ancora di lasciare il minore con la madre, con il picco di affidi congiunti in Liguria al 22%. Siamo anni luce dalla civile Olanda con un tasso del 96% di affidi a entrambi i genitori. La media delle consensuali in Italia ha un misero 3,4% di affidi al padre e 13% di congiunti/alternati. Nelle giudiziali i congiunti/alternati crollano al 4,8% rendendo l'affido esclusivo un'arma di alienazione genitoriale, che elimina la figura del padre.

Rodolfo Ballini, presidente della prima sezione di corte d'appelo di Genova: "Dalla mia esperienza di 25,000 cause ho notato che l'affidamento esclusivo alimenta molto la conflittualita'." Paolo Martinelli, presidente della sezione famiglia del tribunale di Genova: "E' un buon disegno di legge [in discussione al senato] ma la legge da sola non puo' abbassare la conflittualita' e garantire la bigenitorialita'. Ci sarebbe bisogno di piu' psicologi specializzati nei problemi dei minori."

Mediazione e sostegno psicologico, per focalizzare i genitori sul futuro del loro progetto genitoriale che rimane per tutta la vita. Mediazione che deve essere incentivata da un diritto certo e non interpretabile, che dia certezze ai genitori sul loro diretto e equo coinvolgimento nella vita dei figli, anche da separati. Abitare in due case diverse non deve privare i figli della presenza di entrambi i genitori. Mantenimento diretto e pariteticita' dei tempi sono non discutibili.

In Italia le normative che trattano la mediazione familiare sono la legge 285/97 e la legge 154/01 "misure contro la violenza nelle realazioni familiari" - paradosso tutto italiano, visto e considerato che tutte le associazioni dei mediatori concordano che nel ritenere impossibile intervenirer con la mediazione sulle coppie in cui esplodono episodi di violenza. La legge prevede la mediazione obbligatoria proprio in casi di violenza.

Stona allora il fatto che la mediazione obbligatoria sia stata affossata nel progetto di legge sulle separazioni.
Si deve rendere obbligatorio un corso di formazione genitoriale che con piu' incontri illustri i possibili danni sui figli di una genitorialita' non condivisa, insegnando ai genitori a riflettere e comunicare per realizzare un modo di gestire i figli che renda giustizia ad entrambe le figure di riferimento. In Francia il giudice puo' ingiungere l'incontro con un mediatore, in modo che io genitori siano informati sugli obiettivi e la prassi della mediazione. Anche in Norvegia e' previsto il passaggio preliminare obbligatorio informativo. Nel primo triennio applicativo della legge e' stata riscontrata una diminuzione del 40% del contenzioso.

Sono 898 di cui 245 pubblici i centri di mediazione censiti sul territorio. Presso le ASL si paga un ticket di 5,19 a incontro. Molto meno del costo di una giudiziale, non considerando il costo psicologico per genitori e figli di una separazione impostata male, su basi conflittuali che proseguono in giudizio per anni senza mai risolversi del tutto, se non con la definitiva esclusione del padre. Che magari si ripresenta dopo qualche ventennio a "C'e' Posta per te." per sapere se i figli sono ancora vivi.

Puo' reggere la nostra societa' all'assedio competitivo e politico del resto del mondo quando i nostri figli, societa' del domani, si ritrovano a nuotare da soli mentre la famiglia affonda? Stiamo offrendo loro le migliori opportunita' per competere?

"Un esperto in mediazione" commenta Carla Mazzuca Poggiolini, deputata dei repubblicani europei e convinta sostenitrice della mediazione familiare - farebbe capire alla coppia l'utilita' di un accordo per discutere di qualcosa che rimane per tutta la vita: la responsabilita' genitoriale. Un legislatore accorto deve prevedere alcune occasioni extragiudiziali di sostegno alla coppia, avvicinandoci a un approccio pacifico alle separazioni, come gia' avviene in altri paesi dove con questo servizio di sostegno si e' registrata una significativa riduzione del contenzioso."

Uno degli aspetti piu' contestati e' la formulazione dell'art. 155-bis sulla possibilita' di mantenre l'affido aun solo genitore. Un linguaggio vago. Che fa venir meno la certezza di diritto. Il Senatore Riccardo Pedrizzi, responsabile per la famiglia di AN, ha inviato una lettera ai presidenti della commissione giustizia (Antonio Caruso) e della commissione infanzia e minori (Ettore Bucciero) del Senato, sostenendo la necessita' di interventi chirurgici sul disegno di legge.

Mediazione, mantenimento diretto, affido a entrambi i genitori con partecipazione in eguale misura alla vita dei figli, devono essere chiaramente definiti nella legge.

venerdì, luglio 22, 2005

Perche' la legge e' Incompleta.

Una nuova separazione dei genitori sancisce i diritti dei figli a vivere con due genitori. Mancano i mezzi di attuazione.

La riforma della separazione dei genitori che prevede l’affido condiviso dei figli e’ stata finalmente approvata alla camera il 7 luglio 2005. Un lungo e travagliato cammino parlamentare ha finalmente ottenuto un largo consenso sul principio cardine: I diritti dei figli a vivere con entrambi i genitori.

Per la prima volta si legge a chiare lettere nella pdl66A appena licenziata alla camera:

“Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

Nella odierna prassi di separazione legale, la scelta di affidare in via esclusiva ad un solo genitore l’esercizio della potesta’ genitoriale, ha di fatto sostenuto un dilagante vizio tra alcuni genitori affidatari, che con la separazione escludono dalla vita dei figli il genitore non affidatario (il padre, salvo un 3% di casi eccezionali). Specularmente, ha indotto alcuni genitori non affidatari, a considerate assolte le proprie responsabilita’ genitoriali, delegando in toto al genitore affidatario ogni compito di cura, salvo contribuire alle necessita’ dei figli in via esclusivamente economica, degradando nel tempo ogni forma di partecipazione.

In assenza di altra etica universalmente riconosciuta, la legge e sopratutto la sua attuazione concreta, diventano un radicato mezzo educativo che influenza il comportamento della societa’.

Si ripete con sempre maggiore frequenza l’allarme per il grave danno esistenziale dei figli che crescono “in assenza del padre” e ci si interroga per come coinvolgere maggiormente i padri nel loro fondamentale apporto educativo alla societa’ del domani, i figli. Appare quindi con tutta la sua gravita’ il danno di una legge che non contrasta, ma anzi favorisce l’allontanamento del padre dai figli.

La legge attualmente in vigore, prevede tre forme di affido: esclusivo, alternato e congiunto.

Di fatto, per consuetudine, la giurisprudenza e’ stata orientata a preferire l’affido esclusivo alla madre, in modo da risolvere sbrigativamente i problemi di gestione dei figli in caso di disaccordo tra i genitori.

L’affido congiunto, infatti, non definendo le modalita’ di esercizio della potesta genitoriale, non viene mai applicato quando i genitori non trovano accordi per ripartirsi i compiti di cura dei figli.

Questo ha consentito, in molti casi, la prepotente prevaricazione del genitore affidatario che non riconosceva il diritto dei figli a vivere pariteticamente con l’altro genitore. In altri casi, ha consentito all’altro di sentirsi autorizzato a disinteressarsi del diritto dei propri figli a godere delle cure e della educazione diretta del genitore non affidatario. Diritto che non era sancito dalla legge, fino alla approvazione del nuovo testo licenziato alle camere.

Il primo comma del nuovo testo di legge sancisce quindi un fondamentale diritto dei figli.

Tuttavia, il nuovo testo di legge, rimane monco nella parte attuativa, in quanto delega al giudice ogni definizione delle modalita’ attuative del diritto sancito dalla legge. In particolare, non pone sufficienti rimedi legali per contrastare la volonta’ di un genitore di prevaricare l’altro nelle relazioni con i figli.

Siamo altresi’ convinti della necessita’ di eliminare ogni disparita’ di trattamento giuridico trai genitori, per evitare che il conflitto giuridico si inneschi per ottenere vantaggi o per punire l’altro genitore.

Questo documento intende rivolgersi a tutti i senatori, illustrando le gravi lacune della legge, in modo da presentare le ragioni per il loro coinvolgimento nel migliorare un testo di legge che se approvato nella forma attuale incrementera' la conflittualita' proprio nei casi per i quali la nuova legge era stata concepita. Chi vuole prevaricare continuera’ ad alimentare il conflitto, non esistendo sanzioni e vincoli che possano imporre il rispetto del diritto sancito al primo comma della nuova legge.


Cosa manca alla nuova legge per essere attuabile?

Gia’ con la legge attualmente in vigore e’ possibile preferire il regime dell’affidamento congiunto, che mantiene l’esercizio della potesta’ genitoriale e quindi il diritto dei figli ad avere relazioni con entrambi i genitori, anche in regime di separazione.

Se questo non avviene e’ per l’assenza di norme che possano disciplinare ogni possibile disaccordo tra genitori, che alla base della separazione, denotano una grave difficolta’ di comunicare e risolvere problemi relativi alla prole. Ogni caso di divergenza nelle decisioni che i genitori debbono prendere di comune accordo rischia quindi di paralizzare il processo decisionale dei genitori, salvo la naturale propensione di uno a prevalere sull’altro.

Per questi motivi e’ prassi consolidata preferire comunque un regime di affidamento esclusivo, che viene proposto dagli stessi avvocati anche nei casi di separazione consensuale, non conflittuale nella forma e anche nella sostanza, in cui i due genitori di comune accordo decidono di separarsi senza conflitto e mantenendo una comune visione educativa e di comunicazione relativa alla prole. Ovvero anche genitori che mantengono nella separazione una ottima comunicazione genitoriale e capacita’ di trovare autonomamente soluzioni alle eventuali divergenze, hanno optato per l’affido esclusivo.

Questa preferenza del regime esclusivo ha innescato una anomalia, per la quale la quasi totalita’ delle pregresse separazioni e’ affido esclusivo nella forma, ma una buona parte di esse ricalca esattamente il modello dell’affido congiunto nella sostanza. La rarita’ dell’affido congiunto ha di fatto decretato la sua difficile accettazione nelle sedi di separazione consensuale, in cui difficilmente un genitore che ha titolo per essere affidatario in esclusiva accetta il regime di affido congiunto.

Negli ultimi anni stanno tuttavia incrementando i casi di separazioni giudiziali in cui il giudice impone l’affidamento congiunto anche contro la volonta’ di un genitore, quando si rende conto che forzare la condivisione dei problemi genitoriali puo’ costituire un obiettivo non insormontabile per i genitori. Il primo comma del nuovo art. 155 sancisce i diritti prevalenti dei figli a mantenere relazioni con entrambi i genitori e al secondo comma, stabilisce prioritario l’affidamento a entrambi i genitori, costituendo quindi un fondamentale indirizzo giuridico a rendere omogenea questa preferenza:

“Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati,”

Possiamo quindi prevedere che tutti gli attuali casi di affido esclusivo, che di fatto risultano gestiti dai genitori in piena condivisione delle responsabilita’ genitoriali, saranno definiti anche formalmente “affidi condivisi” sul piano giuridico delle sentenze di separazione e dai decreti di omologa dei patti di separazione consensuale. Questa preferenza diverrebbe nominale, senza cambiare la sostanza.

Questa non è la riforma che ci si aspettava per sanare le situazioni conflittuali gestite negli ultimi 30 anni da magistrati e avvocati che hanno sempre scaraventato la figura di uno dei due genitori fuori dalla famiglia, incurante delle eventuali conseguenti situazioni di indigenza economica indotta da provvedimenti non equilibrati, privando di fatto i figli dell’apporto di entrambi i genitori.

Mancano infatti criteri precisi a cui un giudice debba attenersi nel definire l’affido a un solo genitore.

Mancano norme che garantiscano l’equa ripartizione delle responsabilita’ genitoriali, anche in situazione di palese disaccordo e di conflittualita’ giuridica, che regolino l’esercizio della potesta’ con una norma chiara e non passibile di interpretazioni giuridiche divergenti, a cui la attuale legge e’ soggetta. La norma che lasci intravedere la possibilita’ di escludere un genitore sulla base di comportamenti intransigenti, prevaricanti e con la sistematica denigrazione di un genitore, amplifica ed incentiva il conflitto anziche’ indurre i genitori al dialogo costruttivo per il bene del minore.

«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.


Il testo originale elencava i motivi di pregiudizio ma e' stato modificato. Per quale motivo? Pregiudizio significa dannoso per il bambino. Ovvero, qualora un genitore sia anche considerato meno idoneo dell'altro, deve rimanene genitore se non e' negativo per il bambino. Contrario all'interesse del bambino, nella visione ben consolidata nella giurisprudenza significa che "quando i genitori sono in disaccordo si deve affidare esclusivamente alla madre nell'interesse del bambino." Infatti "l'interesse del bambino" ha esattamente questa interpretazione giuridica. Ogni comportamento escludente di un genitore che agisce in giudizio per prevaricare sull’altro genitore avra’ sempre motivazione per il bene del bambino. Ogni divergenza di opinione verra’ sempre considerata, se esposta in sede giudiziale, motivo di conflitto, sufficiente per affidare a un solo genitore, per il bene del bambino.

La piu’ frequente motivazione di inapplicabilita’ di affido a entrambi i genitori e’ sempre stata l’esistenza di conflittualita’, intendendo per essa la manifestazione in sede giudiziale di disaccordo su questioni relative ai figli, quali ad esempio i tempi di frequentazione e le scelte di educazione.

Se la legge omette di precisare i criteri di opposizione all’affidamento condiviso, lasciando al giudice la piena liberta’ di motivare la propria decisione maturata ascoltando le parti, non si ha alcuna garanzia che un genitore valido e positivo non venga escluso per motivi che non sarebbero mai considerati per togliere la potesta’ a un genitore normalmente convivente in famiglia. Innumerevoli casi giuridici testimoniano la facilita’ con cui un genitore idoneo e’ stato escluso con motivazioni deboli. Inoltre, non si richiede che la decisione del giudice sia basata su indagini approfondite che portano via molto tempo anche per situazioni non critiche, che sarebbero meglio gestite da un capace mediatore del conflitto, psicologo, in grado di cogliere le reali motivazioni e capacita’ dei genitori.

Ecco dunque la grave carenza della legge, che in presenza di conflitto strumentale non impone ai genitori un percorso di formazione genitoriale per insegnare ai genitori come comunicare, concentrandosi sulle soluzioni concrete relative ai figli, definendo un progetto di ripartizione dei compiti genitoriali che garantisca comunque ai figli una equa e definita presenza di entrambi i genitori. Per incentivare la mediazione si devono rimuovere le dispari condizioni tra le responsabilita’ dei due genitori, garantendo l’equa ripartizione come norma. Se la norma prevede equita’ anche in caso di conflitto, si potranno indurre i genitori a preferire un progetto elaborato da loro, con tutta liberta’ e secondo la guida di un esperto in mediazione del conflitto, che possa anche fornire sostegno psicologico. Focalizzando il discorso sull’impostazione del futuro dei propri figli, che due genitori idonei non possono mettere in secondo piano, si stempera il conflitto rimandando i motivi di rivalsa. Da un atteggiamento colpevolizzante, si passa a un progettualita’ creativa sul futuro dei figli.

Il testo attuale non prevede alcuna norma che regoli le decisioni del giudice, che nel poco tempo a disposizione e senza conoscere la reale situazione dei figli, “determina i tempi e le modalita’ della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresi’ la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contrinuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.”

Si deve quindi completare la legge con strumenti attuativi della condivisione dell’affido, introducendo regole chiare e precise per normare:

  • Progetto genitoriale e riduzione del conflitto
  • Criteri di affidamento a un solo genitore
  • Tempi e modalita’ di permanenza presso ciascun genitore
  • Destinazione della ex casa familiare
  • Mantenimento diretto
  • Sanzioni al comportamento escludente e/o alienante