venerdì, luglio 22, 2005

Perche' la legge e' Incompleta.

Una nuova separazione dei genitori sancisce i diritti dei figli a vivere con due genitori. Mancano i mezzi di attuazione.

La riforma della separazione dei genitori che prevede l’affido condiviso dei figli e’ stata finalmente approvata alla camera il 7 luglio 2005. Un lungo e travagliato cammino parlamentare ha finalmente ottenuto un largo consenso sul principio cardine: I diritti dei figli a vivere con entrambi i genitori.

Per la prima volta si legge a chiare lettere nella pdl66A appena licenziata alla camera:

“Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

Nella odierna prassi di separazione legale, la scelta di affidare in via esclusiva ad un solo genitore l’esercizio della potesta’ genitoriale, ha di fatto sostenuto un dilagante vizio tra alcuni genitori affidatari, che con la separazione escludono dalla vita dei figli il genitore non affidatario (il padre, salvo un 3% di casi eccezionali). Specularmente, ha indotto alcuni genitori non affidatari, a considerate assolte le proprie responsabilita’ genitoriali, delegando in toto al genitore affidatario ogni compito di cura, salvo contribuire alle necessita’ dei figli in via esclusivamente economica, degradando nel tempo ogni forma di partecipazione.

In assenza di altra etica universalmente riconosciuta, la legge e sopratutto la sua attuazione concreta, diventano un radicato mezzo educativo che influenza il comportamento della societa’.

Si ripete con sempre maggiore frequenza l’allarme per il grave danno esistenziale dei figli che crescono “in assenza del padre” e ci si interroga per come coinvolgere maggiormente i padri nel loro fondamentale apporto educativo alla societa’ del domani, i figli. Appare quindi con tutta la sua gravita’ il danno di una legge che non contrasta, ma anzi favorisce l’allontanamento del padre dai figli.

La legge attualmente in vigore, prevede tre forme di affido: esclusivo, alternato e congiunto.

Di fatto, per consuetudine, la giurisprudenza e’ stata orientata a preferire l’affido esclusivo alla madre, in modo da risolvere sbrigativamente i problemi di gestione dei figli in caso di disaccordo tra i genitori.

L’affido congiunto, infatti, non definendo le modalita’ di esercizio della potesta genitoriale, non viene mai applicato quando i genitori non trovano accordi per ripartirsi i compiti di cura dei figli.

Questo ha consentito, in molti casi, la prepotente prevaricazione del genitore affidatario che non riconosceva il diritto dei figli a vivere pariteticamente con l’altro genitore. In altri casi, ha consentito all’altro di sentirsi autorizzato a disinteressarsi del diritto dei propri figli a godere delle cure e della educazione diretta del genitore non affidatario. Diritto che non era sancito dalla legge, fino alla approvazione del nuovo testo licenziato alle camere.

Il primo comma del nuovo testo di legge sancisce quindi un fondamentale diritto dei figli.

Tuttavia, il nuovo testo di legge, rimane monco nella parte attuativa, in quanto delega al giudice ogni definizione delle modalita’ attuative del diritto sancito dalla legge. In particolare, non pone sufficienti rimedi legali per contrastare la volonta’ di un genitore di prevaricare l’altro nelle relazioni con i figli.

Siamo altresi’ convinti della necessita’ di eliminare ogni disparita’ di trattamento giuridico trai genitori, per evitare che il conflitto giuridico si inneschi per ottenere vantaggi o per punire l’altro genitore.

Questo documento intende rivolgersi a tutti i senatori, illustrando le gravi lacune della legge, in modo da presentare le ragioni per il loro coinvolgimento nel migliorare un testo di legge che se approvato nella forma attuale incrementera' la conflittualita' proprio nei casi per i quali la nuova legge era stata concepita. Chi vuole prevaricare continuera’ ad alimentare il conflitto, non esistendo sanzioni e vincoli che possano imporre il rispetto del diritto sancito al primo comma della nuova legge.


Cosa manca alla nuova legge per essere attuabile?

Gia’ con la legge attualmente in vigore e’ possibile preferire il regime dell’affidamento congiunto, che mantiene l’esercizio della potesta’ genitoriale e quindi il diritto dei figli ad avere relazioni con entrambi i genitori, anche in regime di separazione.

Se questo non avviene e’ per l’assenza di norme che possano disciplinare ogni possibile disaccordo tra genitori, che alla base della separazione, denotano una grave difficolta’ di comunicare e risolvere problemi relativi alla prole. Ogni caso di divergenza nelle decisioni che i genitori debbono prendere di comune accordo rischia quindi di paralizzare il processo decisionale dei genitori, salvo la naturale propensione di uno a prevalere sull’altro.

Per questi motivi e’ prassi consolidata preferire comunque un regime di affidamento esclusivo, che viene proposto dagli stessi avvocati anche nei casi di separazione consensuale, non conflittuale nella forma e anche nella sostanza, in cui i due genitori di comune accordo decidono di separarsi senza conflitto e mantenendo una comune visione educativa e di comunicazione relativa alla prole. Ovvero anche genitori che mantengono nella separazione una ottima comunicazione genitoriale e capacita’ di trovare autonomamente soluzioni alle eventuali divergenze, hanno optato per l’affido esclusivo.

Questa preferenza del regime esclusivo ha innescato una anomalia, per la quale la quasi totalita’ delle pregresse separazioni e’ affido esclusivo nella forma, ma una buona parte di esse ricalca esattamente il modello dell’affido congiunto nella sostanza. La rarita’ dell’affido congiunto ha di fatto decretato la sua difficile accettazione nelle sedi di separazione consensuale, in cui difficilmente un genitore che ha titolo per essere affidatario in esclusiva accetta il regime di affido congiunto.

Negli ultimi anni stanno tuttavia incrementando i casi di separazioni giudiziali in cui il giudice impone l’affidamento congiunto anche contro la volonta’ di un genitore, quando si rende conto che forzare la condivisione dei problemi genitoriali puo’ costituire un obiettivo non insormontabile per i genitori. Il primo comma del nuovo art. 155 sancisce i diritti prevalenti dei figli a mantenere relazioni con entrambi i genitori e al secondo comma, stabilisce prioritario l’affidamento a entrambi i genitori, costituendo quindi un fondamentale indirizzo giuridico a rendere omogenea questa preferenza:

“Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati,”

Possiamo quindi prevedere che tutti gli attuali casi di affido esclusivo, che di fatto risultano gestiti dai genitori in piena condivisione delle responsabilita’ genitoriali, saranno definiti anche formalmente “affidi condivisi” sul piano giuridico delle sentenze di separazione e dai decreti di omologa dei patti di separazione consensuale. Questa preferenza diverrebbe nominale, senza cambiare la sostanza.

Questa non è la riforma che ci si aspettava per sanare le situazioni conflittuali gestite negli ultimi 30 anni da magistrati e avvocati che hanno sempre scaraventato la figura di uno dei due genitori fuori dalla famiglia, incurante delle eventuali conseguenti situazioni di indigenza economica indotta da provvedimenti non equilibrati, privando di fatto i figli dell’apporto di entrambi i genitori.

Mancano infatti criteri precisi a cui un giudice debba attenersi nel definire l’affido a un solo genitore.

Mancano norme che garantiscano l’equa ripartizione delle responsabilita’ genitoriali, anche in situazione di palese disaccordo e di conflittualita’ giuridica, che regolino l’esercizio della potesta’ con una norma chiara e non passibile di interpretazioni giuridiche divergenti, a cui la attuale legge e’ soggetta. La norma che lasci intravedere la possibilita’ di escludere un genitore sulla base di comportamenti intransigenti, prevaricanti e con la sistematica denigrazione di un genitore, amplifica ed incentiva il conflitto anziche’ indurre i genitori al dialogo costruttivo per il bene del minore.

«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.


Il testo originale elencava i motivi di pregiudizio ma e' stato modificato. Per quale motivo? Pregiudizio significa dannoso per il bambino. Ovvero, qualora un genitore sia anche considerato meno idoneo dell'altro, deve rimanene genitore se non e' negativo per il bambino. Contrario all'interesse del bambino, nella visione ben consolidata nella giurisprudenza significa che "quando i genitori sono in disaccordo si deve affidare esclusivamente alla madre nell'interesse del bambino." Infatti "l'interesse del bambino" ha esattamente questa interpretazione giuridica. Ogni comportamento escludente di un genitore che agisce in giudizio per prevaricare sull’altro genitore avra’ sempre motivazione per il bene del bambino. Ogni divergenza di opinione verra’ sempre considerata, se esposta in sede giudiziale, motivo di conflitto, sufficiente per affidare a un solo genitore, per il bene del bambino.

La piu’ frequente motivazione di inapplicabilita’ di affido a entrambi i genitori e’ sempre stata l’esistenza di conflittualita’, intendendo per essa la manifestazione in sede giudiziale di disaccordo su questioni relative ai figli, quali ad esempio i tempi di frequentazione e le scelte di educazione.

Se la legge omette di precisare i criteri di opposizione all’affidamento condiviso, lasciando al giudice la piena liberta’ di motivare la propria decisione maturata ascoltando le parti, non si ha alcuna garanzia che un genitore valido e positivo non venga escluso per motivi che non sarebbero mai considerati per togliere la potesta’ a un genitore normalmente convivente in famiglia. Innumerevoli casi giuridici testimoniano la facilita’ con cui un genitore idoneo e’ stato escluso con motivazioni deboli. Inoltre, non si richiede che la decisione del giudice sia basata su indagini approfondite che portano via molto tempo anche per situazioni non critiche, che sarebbero meglio gestite da un capace mediatore del conflitto, psicologo, in grado di cogliere le reali motivazioni e capacita’ dei genitori.

Ecco dunque la grave carenza della legge, che in presenza di conflitto strumentale non impone ai genitori un percorso di formazione genitoriale per insegnare ai genitori come comunicare, concentrandosi sulle soluzioni concrete relative ai figli, definendo un progetto di ripartizione dei compiti genitoriali che garantisca comunque ai figli una equa e definita presenza di entrambi i genitori. Per incentivare la mediazione si devono rimuovere le dispari condizioni tra le responsabilita’ dei due genitori, garantendo l’equa ripartizione come norma. Se la norma prevede equita’ anche in caso di conflitto, si potranno indurre i genitori a preferire un progetto elaborato da loro, con tutta liberta’ e secondo la guida di un esperto in mediazione del conflitto, che possa anche fornire sostegno psicologico. Focalizzando il discorso sull’impostazione del futuro dei propri figli, che due genitori idonei non possono mettere in secondo piano, si stempera il conflitto rimandando i motivi di rivalsa. Da un atteggiamento colpevolizzante, si passa a un progettualita’ creativa sul futuro dei figli.

Il testo attuale non prevede alcuna norma che regoli le decisioni del giudice, che nel poco tempo a disposizione e senza conoscere la reale situazione dei figli, “determina i tempi e le modalita’ della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresi’ la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contrinuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.”

Si deve quindi completare la legge con strumenti attuativi della condivisione dell’affido, introducendo regole chiare e precise per normare:

  • Progetto genitoriale e riduzione del conflitto
  • Criteri di affidamento a un solo genitore
  • Tempi e modalita’ di permanenza presso ciascun genitore
  • Destinazione della ex casa familiare
  • Mantenimento diretto
  • Sanzioni al comportamento escludente e/o alienante

4 commenti:

Unknown ha detto...

Vorrei ricevere qui i vostri commenti, per stimolare una analisi pubblica della legge e reffinare una versione del testo di legge che sia approvata da tutti in senato.

Unknown ha detto...

TESTO MODIFICATO
Disegno di legge N. 3537
Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli

Art. 1.
(Modifiche al codice civile)
1. L’articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi in uguale misura e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei genitori adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente, per competenze e capitoli di spesa equamente ripartiti.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore che si discostano dalla parita’ per rinuncia di un genitore;

4) le risorse economiche e le contribuzioni in forma diretta di ciascun genitore;

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore che si discostano dalla parita’ per rinuncia di un genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».
2. Dopo l’articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:
«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato da una verifica probatoria che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.
Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento o l’autorizzazione alla liquidazione della casa familiare è disposto tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli ad avere adeguati spazi presso ciascun genitore. Della disposizione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà e oneri gravanti su di essa. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.
Nel caso in cui uno dei genitori cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.

Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico a carico di ciascun genitore. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.
Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.
Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».


Art. 2.
(Modifiche al codice di procedura civile)
1. Dopo il terzo comma dell’articolo 708 del codice di procedura civile, è aggiunto il seguente:
«Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento».
2. Dopo l’articolo 709-bis del codice di procedura civile, è inserito il seguente:
«Art. 709-ter. - (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni) – Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore.

A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;

3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;

4) obbligare i genitori alla frequenza congiunta di un corso di 20 ore di formazione genitoriale per separati, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli nella pianificazione della genitorialita’ condivisa.

I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».

Art. 3.
(Disposizioni penali)
1. In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898.
2. Chi impedisce a un figlio minore di godere dei propri o altrui affetti violando i diritti al primo comma dell’art. 155 c.c. con comportamenti reiterati atti ad impedire o limitare la frequentazione del minore per oltre tre mesi in modo anche non continuativo, e’ è punibile ai sensi degli art. 605 c.p. 540 c.p. 572 c.p. 574 c.p.

Art. 4.
(Disposizioni finali)
1. Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

Art. 5.
(Disposizione finanziaria)
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Anonimo ha detto...

Emendare, ma non disprezzare: l’obbligo di non svalutare la riforma



La notizia del voto favorevole della Camera all’affidamento condiviso ha provocato una serie di reazioni nelle quali è possibile cogliere una quantità di distorsioni molto pericolose. Da una parte c’è stato chi, tra gli avversari della riforma, volendo contrabbandare quel voto come un proprio trionfo, ha negato anche le più vistose differenze rispetto al codice in vigore; dall’altro chi, tra i fautori della riforma, confidando nel pieno accoglimento delle proposte avanzate da tempo, si è sentito tradito nelle proprie legittime attese e in dovere di negare qualsiasi validità al nuovo testo, contestandolo frontalmente.

Non facendo parte di alcuni di questi gruppi e per evitare che la nostra precedente analisi delle carenze del testo possa farci collocare nelle schiere degli sconfitti, non sentendoci affatto tali preferiamo riscriverla in modo da rendere più completo e chiaro il nostro giudizio.

In un clima di fervida ed impaziente attesa di una vera riforma, auspicata da dodici anni da padri e madri di ogni parte d’Italia, è arrivato il voto favorevole della Camera nei confronti di un provvedimento che avrebbe dovuto rendere operative le linee guida della pdl 66, un testo che – finalmente – era stato scritto in modo chiaro e inequivoco. Purtroppo pressioni dall’esterno e conseguenti manipolazioni anche dell’ultima ora lo hanno privato di quel requisito fondamentale per il cittadino che è la certezza dei diritti.

Di qui il senso di delusione, soprattutto a caldo, di fronte al testo approvato, che accoglie certamente il principio, ma perde quella capacità di effettuare scelte decise e coraggiose che costituiva uno dei pregi maggiori del testo originario. Rattrista, in particolare, che le riduttive modifiche, contrarie allo spirito della riforma, che si è voluto introdurre siano state capziosamente e ipocritamente presentate in nome dell’ “interesse del minore” – unendo la beffa al danno. Ne è venuto fuori un testo non privo di ambiguità anche su aspetti importanti, nel quale in vari passaggi si è esposti al rischio di una lettura del tutto soggettiva, lontana da ciò che con tutta chiarezza il progetto iniziale aveva suggerito. Un testo che, di conseguenza, priva il cittadino della certezza dei diritti, che priva il genitore che ha sempre fatto il suo dovere della sicurezza di poter continuare a svolgere le sue funzioni educative e di cura, nel senso che espone il giudice alla tentazione di considerare rimesse alla sua valutazione discrezionale scelte fondamentali in una materia dove tutto è altamente opinabile. E qualcuno, infatti, commentando la formulazione della Camera, ha già iniziato a fare a suo modo l’elenco di ciò che non c’è più, dando l’addio non solo alla mediazione familiare, effettivamente soppressa, ma anche ad altre fondamentali conquiste che invece sono state solo velate da una sorta di pudica foglia di fico, forse per non spaventare gli avversari della riforma.

Tra queste attenuazioni formali, ma non sostanziali, al primo posto sta certamente la cancellazione dell’esplicita indicazione a favore del mantenimento diretto dei figli, che resta, ma tra le righe. Se prima era scelta inequivocabile, ora ci si giunge per esclusione, al termine di un accurato lavoro di interpretazione. E così non doveva essere, perché il mantenimento diretto è uno dei punti qualificanti della nuova normativa, e doveva esserne il visibile vanto. Se, infatti, si ritiene giusto che siano due i genitori che si occupano dei figli, non può esserci ancora un genitore che sceglie e decide e l’altro che paga. E non si deve privare il figlio della gratificante sensazione che entrambi i genitori si preoccupano delle sue necessità e provvedono ai suoi bisogni; non va tolta al figlio la possibilità di condividere con uno dei genitori non solo momenti ludici, ma anche la quotidianità, la vita di tutti i giorni, con le sue normali incombenze. Non gli si può negare la possibilità di vivere la frequentazione dei genitori, anche di quello non convivente, al di fuori delle domeniche, al di fuori di spazi ricreativi che spettano a lui e basta, allo sviluppo della sua vita di relazione, a contatto con i coetanei. In sostanza, togliendo l’opzione esplicita per il mantenimento diretto si è cercato di andare verso il consolidamento delle regole di frequentazione attuali e delle attuali ripartizioni di compiti: un genitore presso il quale si vive, che pensa a tutto e decide su tutto, e un genitore che si va trovare – o visitare – di tanto in tanto, che non pensa a niente e che provvede a pagare.

Ma resta il fatto che riforma invece c’è stata, importante e significativa. Domani il giudice non solo non sarà più obbligato a indicare “il” genitore affidatario, ma per escluderne uno dovrà dichiarare per quale motivo affidare il figlio a “quel” genitore sarebbe contrario all’interesse del minore. E la conflittualità non potrà essere utilizzata come giustificazione di un affidamento esclusivo, non solo per quanto appena detto, ma anche perché c’è la possibilità di modulare l’esercizio della potestà, permettendo gestioni separate. E i figli, pur salvaguardati nel rapporto pieno con entrambi genitori, dovranno essere sentiti su tutti gli aspetti logistici; e una volta maggiorenni non dovranno più, di regola, essere costretti a chiedere al genitore convivente gli spiccioli per il gelato, prelevati da un assegno per il suo mantenimento.

Possiamo dunque concludere con una ragionevole soddisfazione, pur restando pronti a cogliere ogni spazio migliorativo nel successivo percorso parlamentare. (M.M.)

Anonimo ha detto...

Si condivide pienamente. occorre che il legislatore intervenga subito. Molte volte i giudici non sono al di sopra delle parti anzi, possono essere influenzati o favorire amici o essere sensibili a pressioni specialmente quando i genitori risiedono in regioni diversi. Recidere il rapporto genitore figlio significa mettersi sotto i piedi il valore fondante della stessa famiglia che tale è per la presenza dei valori citati e non per il contratto che li formalizza. I giudici sono uomini e quindi sensibili alle sollecitazioni del momento e passibili di debolezza. Ad oggi hanno dimostrato di non essere equi, al di sopra delle parti e rispettosi della legge e della Costituzione e ciò nel silenzio e con la connivenza di tutti persino dei diretti interessati che spesso si piangono addosso. nessuna giustificazione può essere addotta al fatto che un figlio venga scippato ad un genitore. Un tale fatto costituisce un delitto. Tpgliere un figlio ad un genitore è come ricevere all'improvviso la notizia di avere un male incurabbile, cadono tutte le motivazioni della vita, si attenta alla salute del genitore privato oltre che alla sua dignità al suo amor proprio ed al frutto del suo lavoro. Il danno si ripercuote anche sul minore. Il comportamento dei magistrati nella materia è gravissimo ed ancorchè in questa società i livelli di egoismo eviltà sono alto essi istigano a commettere reati. Chi li commette per tale questione si sappi è un eroe non un delinquente e chiamiamo le cose con il loro vero nome.